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te sollevanti, ed aprono il cuore alla gioja. Verdeggianti boschi da un lato, e bellissima gradazione di monti dall’altro, a sinistra Barzizza, e Cirano in declivio, e frammezzo tu scorgi difilato Gandino, che torreggiante una città ti rassembra; a destra Peja, e gioghi, e strade, e la sottoposta campagna; all’alto le belle chiesuole, e antichi conventi di Santa Trinità, e S. Lorenzo, tali oggetti tutti ti si affacciano in un modo così ben distribuiti, ed una certa distanza, che diversi panorami ti formano. Oltrepassato il comune, se all’opposta riva ti rechi all’ovest, un’altra teatrale scena più maestosa ancor della prima ti appare dinnanzi. Rotto fra sassi odi il mormorio dell’onde, e vedi scorrere tortuoso frammezzo ad amenissimi valli e boschetti, e dirupi, il fiume Serio, che ora ti si asconde, ora grandeggiante ti si mostra, maestoso apparendoti, e passando sotto uno elegantissimo ponte, sovrapposta la regia strada, che da Vertova a Clusone conduce, da paesi eminenti attorniato, magnifico lo miri seguire il lungo suo cammino.
A sera esiste ancora il fenomeno, la meraviglia che ai suoi tempi narra il Celestino1, attraeva la curiosità dei naturalisti, un flusso, e riflusso, cioè alle radici del monte sopra il preaccennato fiume, crescendo e sparendo per quattro o cinque volte l’acqua, in maniera dal fonte, denominato il Dragone, che, ora appare ricolmo, ed ora totalmente al secco. Secondo la trentesima lettera del libro quarto, da Plinio scritta a Licinio, una simile scaturigine, o sorgente scorreva nel lago perdendosi a Como,2 descri-