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Dis.
Ma non è possibile per Giove.
Str.
Piagnerete adunque. via, chi è mò questo huomo, ch’è ne la cista?
Dis.
Egli è desso.
Str.
Che desso?
Dis.
Socrate.
Str.
Socrate vien tù, richiamalomi forte.
Dis.
Tu medesimo pur chiamalo: per ch’io non hò agio.
Str.
Socrate, ò Socratino.
Soc.
Perche mi chiami ò mortale?
Str.
Prima ogni cosa che fai, disidero sapere: dillami.
Soc.
Per l’aere me ne vado, et considero il Sole.
Str.
Poi da la cista sprezzitù gli dij? ma non gia cosi da la terra?
Soc.
Non, perche non troverei bene le sottili cose, se non pensando la intelligentia, et la cogitazione sottile mescolando ne l’aere simile. se poi essendo in terra, di sotto via quelle cose contemplassi che sono di sopra, mai non ne trovarei. perche non cosi, ma la terra per forza à se tira lo humore de la cogitatione. et in questa cosa medesima anchora sono simili i cardami.
Str.
Che ditu? la cogitatione tirala l’humore ne i cardami? Hor via, vien giù à me ò Socrate, che tù m’insegni, et non per altro sono venuto.
Soc.
Tu sei poi venuto, à che fine?
Str.
Che voglio imparare à dire, per ciò che sono molestato da le usure, son tirato, la robba hò impegno.