Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/502


D’ARISTOFANE. 251
Giovenetta.
Sei matta, imperoche non hà l’età di dormire con teco sendo sì fatto, che piu presso gli potresti essere madre che moglie. Onde se hai constituita quella lege empirete tutta la terra di edipodi.
V.
O veneno, e invidia dove hai trovato questa lege? ma io ti punirò.
Giovanetto.
Per Giove salvatore, fammi questa gratia ò dolcissima tu liberami da questa vecchia: onde questo bene che mi farai, stà sera te lo remeritarò abundantemente.
V.
Tu dunque, dove il tiri trasgrediendo la lege, che dice che prima bisogna ch’ei dormi presso di me?
Giovanetto.
Poveretto me. dove sei cascata ò pessima donna e pazza? questo male è pegior di quello.
V.
Vien quà.
G.
Pregoti non mi desprezzare, che sono strassinato da costei.
V.
Ma non son io, ben sì la lege.
G.
Non tu, ma una certa Empusa vestuta d’una veste tinta di sangue.
V.
Segui mollicinandoti, e affrettati, e non dir nulla.
G.
Horsu, lasciami far à me ch’io vò a’l cacatore, et se non farò nulla, subito mi vederai rosso di paura.
V.
Stà in cervello, vien dentro, che potrai cacare.
G.
Hò paura, che piu non voglio. hor ti darò due sigurtà.