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D’ARISTOFANE. 250
V.
Sò bene che ti bascierò, ma tu ti maraviglij, che à le porte non m’hai trovata, ma à la bocca.
G.
O misera, io hò paura de’l tuo inamorato.
V.
Quale?
G.
L’ottimo de pittori.
V.
Ch’egli è?
G.
Che pinge vasetti à i morti. ma vatene via, che’l non te vega su la porta.
V.
So bene, so bene che vuoi.
G.
Et io anchora tu, per Giove.
V.
Per Venere, che mi hà sortita elegendomi, io non ti lascierò.
G.
Diventi matta ò vecchia.
V.
Tu ragioni, e io ti condurrò ne’l mio letto.
G.
Che forsi compramo noi tenaglie ne i vasi? lasciando questa vecchia, traheremo su vasi da i pozzi.
V.
Non mi ingiuriar ò misero, ma seguimi dietro.
G.
Questo non mi è necessario, se non deponi à la cità il quinquagenario de mei.
V.
Per Venere è necessario. che dormendo io con tali i m’alegrerò.
G.
Mi dolio de tali: ne mai lascierolomi dar intender.
V.
Per Giove, questa ti costringerà.
G.
Che?
V.
La sentenza fatta che è de necessità, che vegni da me.
G.
Dimi la cosa come l’è.