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D’ARISTOFANE. 241
Pra.
Non io per Giove.
Huo.
Sedi dunque, e mangia le sepie. si dice che la cità è data à voi.
Pra.
A che fare? per tessere?
Huo.
Non per Giove, ma per signoregiarla.
Pra.
In che cosa?
Huo.
In tutte le cose de la cità.
Pra.
Per Venere, la cità da qui indietro sarà molto beata.
Huo.
Perche?
Pra.
Per causa di molte cose. nissun da qui indietro serà che ardisca far laidezze, à nissun modo testificare, non criminare, non ingiuriare,
Ble.
Niente farai per i dei, ne mi torrai la mia vita.
Huo.
O misero de gli huomini lascia dir la donna.
Pra.
Non robare vesti, non havere invidia à vicini, non esser nudo, non esser povero, non svillacare, non dare à giudicanti la facultà propria.
H.
Per Nettuno cose grandi, s’ella non se mentisce.
P.
Ma ti mostrerò, che questo mi conferma il testimonio, e niente mi contradice.
Co.
Hor bisogna, che ecciti la mente prudente, e sapiente, e la cura che ben sa aiutar gli amici. communemente ne le buone fortune viene la prudenza de la lingua, illustrando il popolo civile con molte felicità de la vita, à dechiarare di che potenza è il tempo. imperoche la cità nostra hà bisogno de’l inventione d’alcun sapiente.