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D’ARISTOFANE. 232
Al.d.
Et io l’ho non poco piu bella, che quella di Epicrate.
Pra.
Et voi che dicete?
Don.
Dicono, e accennano.
Pra.
Vegio che havete ancho l’altre cose, e i bastoni Laconici, e le veste da huomo, si come havemo detto.
Don.
Ho io portato il bastone nascosamente da Lamia che dormiva.
Pra.
Questo è di quelli bastoni, per i quali si pettegia portandoli. per Giove salvatore, egli era atto, e conveniente da mettergli la pellizza di Panotto, se alcuno volesse ingannare il boia.
Don.
Dicete, come faremo in queste cose, tanto che le stelle sono in cielo? il concilio, ne’l quale aparecchiamo andare a farassi à l’aurora.
Pra.
Per Giove, bisogna che toglij le banche sotto la pietra de i Pritanei à la banda de là.
Al.d.
Per Giove le portava, à ciò che io le dividessi a’l perfetto concilio.
Pra.
Perfetto ò misera te?
Don.
Per Diana che cosa pegiore poss’io udire, che il dividere, che mei figli sono nudi?
Pra.
Ecco te dividente, quale era il devere, che niente de’l corpo mostrasti à quelli che sono per sedere. dunque haveremo de’l bene. se s’abbatterà essere il popolo ripieno, alcuna ascendendo e tirandosi suso la veste gli mostri le vergognose par