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quale oracolo t'ha detto di fugire il figliuolo di Latona, che non t'inganni Cillene.
- Po.
- Qual Cillene?
- Al.
- La mano di costui ha fatto Cillene giustamente, perche dice, gettalo ne la rivolutione.
- Cle.
- Non dici bene. per ciò che Febo nominò Cillene ne la mano dirittamente, oscuramente disse quella di Diopithe. ma io ho uno oracolo che ti volarà à torno, perche tu diventi aquila: et signoregiarai per tutta la terra.
- Al.
- Per ciò che, et à me, et à la terra, et a'l mar rosso, et che ne i popoli Ecbatani giudicarai, lecando su le cose sparse.
- Cle.
- Ma io ho veduto un'insogno, et à me pare che essa dea co'l bronzino manda giu a'l popolo la ricca sanità.
- Al.
- Per Giove cosi anch'io: et mi pare che essa dea venga da la cità, et che una civetta gli stia sopra. et che mandi giu poi co'l bronzino sopra la testa tua l'ambrosia, et in questo aglio salato.
- Po.
- Oime, oime, non ci era dunque niuno più savio di Glanide. et pur me istesso mi rimetto à te, à far che costui facia il vecchio, et ristruerlo un'altra volta.
- Cle.
- Non ti prego anchora, ma aspetta che io ti darò da mangiare de l'orzo, et il vivere d'ogni di.
- Po.
- Non posso sofferire, udendo orzo. spesso da te, et da Tufane sono stato ingannato.