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D’ARISTOFANE. | 98 |
fatto la moltitudine, se per aventura hai detto bene il giudicietto verso il forestiere sporco, di notte spargendo la fama e ne le vie à te stesso parlando, e aqua bevendo, e dimostrando e attristando gli amici, pensitu ò pazzo d’esser potente à dire con stoltitia?
- Al.
- Che cosa tu bevendo hai fatta la cità a’l presente tacere, impedita ne la lingua da te solo solo?
- Cl.
- A mè che huomo hai posto inanzi? che subitamente divora i tunni caldi, e poi beve una lagena di vino puro, e io ingiuriarò quelli capitani che stanno su la porta.
- Al.
- Et io mangiarò le trippe di buò e ’l ventricello di borco, e poi beverò il bruodo senza lavarmi e suffocarò i dicitori, e conturberò Nicia.
- Co.
- Ne’l resto certo mi sei piacciuto. ma una de le cose non mi s’aggiunge, che tu solo sorbirai il bruodo. ma non mangiando pesci, disturberai i Milesij.
- Al.
- Ma se mangiarò i lati, venderò i metalli.
- Cl.
- Et io saltando ne’l concilio, per forza lo turbarò.
- Al.
- Io poi commuoverò il tuo culo, come vesica.
- Cl.
- Et io ti scacciarò fuor de la porta co’l culo basso.
- Co.
- Per Nettuno, et me anchora, se costui tiri fuori.
- Cl.
- Tè solo ligherò à un legno.
- Al.
- Ti persiguiterò per la tua timidità.
- Cl.
- La tua pelle sarà distesa.
- Al.
- Ti scorticherò il sacco con che tu robi.
- Cl.
- Sarai inficcato in terra.
ii ij Al.