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D’ARISTOFANE. | 92 |
avanti su la porta impastando la mia schicchiata Laconica, astutissimamente mi corse à torno e me la robò. esso gliela mise avanti quella che io haveva impastata. e noi discaccia, e non lascia che alcuno altro serva a’l patrone. ma tiene una scoriata e stando avanti a’l patrone che cena, fà stare di lungi i dicitori. e se ne canta indivinationi. poi il vecchio profetizza. costui poi quando esso vede impazzire, gli hà fatto uno inganno. perche manifestamente egli butta adosso à quelli che sono dentro cose molto false. e poi siamo battuti noi. e Paflagone à torno correndo, accusa i famigli, gli disturba, si fà donare, dicendo questo: Vedete Hila che per me hà havuto de le scoriate, se non m’ubidirete, hoggi morirete. e noi gli diamo. ma se nò, calcati da’l vecchio, piu di otto volte cacamo. hor dunque affrettandosi habiamo cura ò compagno, qual via dovemo tenere, e dove.
- Ni.
- Benissimo, andiamo per quelle via ò fratello.
- De.
- Ma non e possibile che Paflagone non lo sapia, per ch’egli vede ogni cosa. egli gia hà una de le gambe in su la porta, e l’altra in piazza. esso poi passando un tanto grado, il suo culo è quel medesimo che è la roba in Caone. le mani in Etolia, e la mente in Clopi.
- Ni.
- Meglio sarà adunque che noi moriamo. ma guarda che moriamo virilissimamente.
m iiiJ De.