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- se egli hà il dono paterno.
- Dionisio
- S’ei fosse da un padre spogliatore de morti?
- Eschilo
- Dionisio tu bevi vino, non odorifero.
- Dionisio
- Digli il resto, e tu osserva il fallo.
- Eschilo
- Siami salvatore et agiutore ti prego: imperò che io vado à questa terra e descendo.
- Euripide
- Due volte n’hà ditto il medesimo, Eschilo il savio.
- Dionisio
- Come due volte?
- Euripide
- Considera la parola, e io ti parlerò. io vado ne la terra (egli dice) e descendo. vado egli piglialo per quel medesimo che è descendo.
- Dionisio
- Per Giove, si come se alcuno dicesse a ’l suo vicino adopera il mortaio, da pistar il pane, ma se voi anchora da pistar la farina.
- Eschilo
- Gliè questo ò huomo loquace il medesimo, ma altramente nomasi.
- Euripide
- In che modo? insegnami in che modo dici.
- Eschilo
- Venire è in terra à colui, à ’l quale è la participation de la patria. egli è venuto, è senz’altro nocumento. e fugendo è venuto e disceso.
- Dionisio
- Ben per Apolline, che dici tu Euripide?
- Euripide
- Non dico Oreste descender à la casa: perche venir è nascosamente non persuadendo i patroni.
- Dionisio
- Ben per Mercurio, ciò che dici tu non l’intendo.
- Euripide
- Compi dunque il resto.
- Dionisio
- Hor sù ò Eschilo, affrettati, guarda ben l’errore.
- Eschilo
- Ne la ripa de ’l sepolcro io dico queste cose a ’l padre, udire, udire.