Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/107

ad usura.
Soc.
Tanto magiormente anchor che fossino stati mille.
Str.
Gridarò adunque un gran gridore. io, io, piangete ò creditori, et voi, et le sorti, et le usure de le usure. non mi farete già voi piu male. di che sorte figliuolo se m’alleva in questa casa, con la lingua aguzza d’ogni banda, splendente protettore mio, salvatore à le case, à i nemici doloroso, disfacitore de grandi mali de’l padre. chiamalo à me tu che di dentro corri. ò figlio, ò figliuolo, ò figliuolo, vien fuori di casa, odi tuo padre.
Soc.
Questo è quell’huomo.
Str.
O caro, ò caro.
Soc.
Và via tu, piglialo.
Str.
Io, io figliuolo, oh, oh, molto m’alegro prima vedendo il tuo colore. hor sei, à vederti, primamente negativo, et contradittivo, et questo è di tuo padre. chiaramente sei in fiore. che ne dici tu? et pensitu d’ingiuriar lo ingiuriante et malfattore. so che et ne la tua facia è un’aspetto Attico. Hor dunque à che modo mi salvarai tu, poi che m’hai rovinato?
Fid.
Hai tu paura di qualche cosa?
Str.
De la ultima, et de la nuova.
Fid.
Mò qual’è la ultima, et nuova giornata?
Str.
In che mi dicono por le buone mani.
Fid.
Si rovinano certamente quelli che le pongono,