Ma se degli altri io vo’ scoprir gli altari,
Tu dirai che rubato e del Pistoja
E di Pietro Aretino abbia gli armari,
Degli altrui studj onor, e biasmo: noja
Mi dà, e piacer, ma non come s’io sento
Che viva il pregio de’ poeti, e muoja.
Altrimenti mi dolgo e mi lamento
Di sentir riputar senza cervello
Il biondo Aonio, e più leggier che ’l vento;
Che se del Dottoraccio suo fratello
Odo il medesmo, al quale un altro pazzo
Donò l’onor del manto, e del cappello.
Più mi duol, ch’in vecchiezza voglia il guazzo
Placidían, che giovin dar soleva,
E che di cavalier torni ragazzo;
Che di sentir, che simil fango aggreva
Il mio vicino Andronico, e vi giace
Già settant’anni, e ancor non se ne leva.
Se m’è detto che Pandaro è rapace,
Curio goloso, Pontico idolatro,
Flavio bestemmiator, via più mi spiace,
Che se per poco prezzo odo Cusatro
Dar le sentenze false, o che col tosco
Mastro Battista mescoli il veratro:
O che quel mastro in teologia, ch’al Tosco
Mesce il parlar facchin, si tien la scroffa,
E già n’ha duo bastardi, ch’io conosco;