Questo monte è la ruota di Fortuna,
Ne la cui cima il volgo ignaro pensa,
Ch’ogni quiete sia, nè ve n’è alcuna.
Se ne l’onor contento, o ne la immensa
Ricchezza si trovasse, io loderei
Non aver, se non qui, la voglia intensa.
Ma se vediamo i Papi, e i Re, che Dei
Stimiamo in terra, star sempre in travaglio,
Che sia contento in lor, dir non potrei.
Se di ricchezze al Turco, o s’io m’agguaglio,
Di dignitate al Papa, ed ancor brami
Salir più in alto, e mal me ne prevaglio;
Convenevol è ben, che ordisca e trami
Di non patire a la vita disagio,
Che, più di quanto ho al mondo, è ragion ch’ami.
Ma, se l’uomo è sì ricco, che sta ad agio
Di quel, che dà Natura, contentarse
Dovria, se fren pone al desir malvagio:
Che non digiuni, quando vorria trarse
L’ingorda fame, ed abbia fuoco e tetto,
Se dal freddo, o dal Sol vuol ripararse:
Nè gli convenga andare a piè, se astretto
È di mutar paese; ed abbia in casa
Chi la mensa apparecchi, e acconci il letto.
Chi mi può dare o mezza, o tutta rasa
La testa, più di questo? ci è misura ·
Di quanto pon capir tutte le vasa.