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28 SATIRA

Il servigio del Duca, d’ogni parte,
     Che ci sia buona, più mi piace in questa,
     Che dal nido natío raro si parte.
Perciò gli studj miei poco molesta,
     Nè mi toglie, onde mai tutto partire
     Non posso, perchè il cor sempre ci resta.
Parmi vederti qui ridere, e dire,
     Che non amor di patria, nè di studi,
     Ma di donna è cagion, che non voglio ire.
Liberamente tel confesso; or chiudi
     La bocca, che a difender la bugía
     Non volli prender mai spada, nè scudi.
Del mio star qui qual la cagion si sia,
     Io ci sto volentieri; ora nessuno
     Abbia a tor, più di me, la cura mia.
S’io fossi andato a Roma, dirà alcuno,
     A farmi uccellator de’ benefici,
     Preso a la rete n’avrei già più d’uno:
Tanto più ch’ora de gli antichi amici
     Del Papa, innanzi che virtude, o sorte
     Lo sublimasse al sommo de gli uffici;
E prima, che gli aprissero le porte
     I Fiorentini, quando il suo Giuliano
     Si riparò ne la Feltresca corte;
Ove col formator del Cortigiano,
     Col Bembo, e gli altri sacri al divo Apollo,
     Facea l’esilio suo men duro, e strano;