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AD

ANNIBALE

MALAGUZZO


SATIRA TERZA

Seguita pure in dannare la servitù delle corti: duolsi delle promesse a lui dal Pontefice non osservate: dimostra le cagioni delle malagevolezze, che si trovano in acquistare le ricchezze: ed in ultimo danna l’avarizia e la malvagità de’ Cortigiani.

Poi, che Annibal intendere vuoi, come
     La fo col Duca Alfonso, e s’io mi sento
     Più grave, o men, de le mutate some:
Perchè s’anco di questo mi lamento,
     Tu mi dirai, c’ho il guidaresco rotto,
     E ch’io son di natura un rozzon lento:
Senza molto pensar dirò di botto,
     Che un peso e l’altro ugualmente mi spiace,
     E fora meglio a nessun esser sotto.
Dimmi, or c’ho rotto il dosso, e se ti piace,
     Dimmi, ch’io sia una rozza, e dimmi peggio:
     In somma esser non so, se non verace: