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14 SATIRA

Stanza per quattro bestie mi apparecchia,
     Contando me per due, con Gianni mio,
     Poi metti un mulo, e un’altra rozza vecchia.
Camera, o buca, ove a stanzare abbia io,
     Che luminosa sia, che poco saglia,
     E da far foco comoda, desío.
Nè de’ cavalli ancor meno ti caglia,
     Che poco giovería, ch’avesse poste,
     Dovendo lor mancar poi fieno, o paglia.
Sia prima un materasso, che a le coste
     Faccia vezzi, di lana, o di cotone
     Sì, che la notte io non abbia ire a l’oste.
Provvedimi di legna secche e buone,
     Di chi cucini pur così a la grossa
     Un poco di vaccina, o di montone.
Non curo d’un, che con sapori possa
     Di varj cibi suscitar la fame,
     Se fosse morta, e chiusa ne la fossa.
Unga il suo schidon pure, o il suo tegame,
     Sin a l’orecchio a ser Vorano il muso
     Venuto al mondo sol per far letame:
Che più cerca la fame, perchè giuso
     Mandi i cibi nel ventre, che per trarre
     La fame, cerchi aver de’ cibi l’uso.
Il nuovo camerier tal cuoco inarre
     Di fave, e d’aglio uso a sfamarsi, poi
     Che riposte i fratelli avean le marre,