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Quando ſi vede Ariodante giunto
Sopra il ſratel, la dura impreſa laſcia,
Ma la ſua intention, da quel ch’affante
Hauea giá di morir, poco s’ accafeia:
Quindi ſi lieua, e porta nò che punto,
Ma trapaſſato il cor d’ eſtrema abaſcia,
Pur fínge col ſratel, che quel furore
Nò habbia piú ch diazi hauea nel core.
[56]
Il ſeguente matin ſenza far motto
Al ſuo fratello o ad altri, in via ſi meſſe,
Da la mortai diſperation condotto:
Ne di lui per piú di, ſu chi ſapeſſe
Fuor che ’l duca, e il fratello ogn’ altro indotto
Era chi moſſo al diptir l’haueſſe,
Ne la caſa del Re di lui diuerſi
Ragionamenti: e in tutta Scotia ferfi.
[57]
In capo d’otto, o di piú giorni, in corte
Venne inanzi a Gineura vn viandante,
E nouelle arreco di mala ſorte,
Che s’ era in mar ſummerſo Ariodante:
Di volontaria ſua libera morte,
Non per colpa di Borea, o di Leuante,
D’u ſaſſo ch ſui mar ſporgea molt’ alto
Hauea col capo in giú pſo vn gra ſalto.
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(Colui dicea) pria che veniſſe a qſto,
A me, che a caſo riſcontro per via,
Diſſe vieti meco, accio che manifeſto
Per te a Gineura il mio ſucceſſo ſia,
E dille poi, che la cagion del reſto
Che tu vedrai di me, e’ hor hora ſia.
E ſtato ſol pere’ ho troppo veduto,
Felice ſé ſenza occhi io ſoſſi ſuto.
[59]
Erano a caſo fopra Capobaſſo,
Che verſo Irlada alquáto ſporge i mare
Coſi dicendo di cima d’ un ſaſſo
Lo vidi a capo in giú fott’ acqua andare.
Io lo laſciai nel mare, & a gran paſſo
Ti ſon venuto la nuoua a portare,
Gineura ſbigottita, e in viſo ſmorta
Rimaſe a quello annuntio meza morta.
[60]
O Dio che diſſe e fece, poi che ſola
Si ritrouo nel ſuo ſidato letto,
Percoſſe il ſeno, e ſi ſtraccio la ſtola:
E fece all’aureo crin danno e diſpetto,
Ripetendo ſouente la parola
Ch’ Ariodante hauea in eſtremo detto,
Ch la cagió del ſuo caſo empio e triſto,
Tutta venia per hauer troppo viſto.
[61]
Il rumor ſcorſe di coſtui per tutto,
Che per dolor s’ hauea dato la morte,
Di queſto il Re nò tene il viſo aſciutto,
Ne cauallicr, ne donna de la corte,
Di tutti il ſuo ſratel moſtro piú lutto,
Et ſi ſommerſe nel dolor ſi ſorte,
Ch’ad eflempio di lui, contra ſé ſteffo,
Volto quaſi la man, per irgli appreſſo.
[62]
E molte volte ripetendo ſeco,
Che ſu Gineura che ’l ſratel gli eſtinfe
E che non ſu ſé non quell’atto bieco
Che di lei vide ch’a morir lo ſpinfe,
Di voler vendicarſene, ſi cieco
Venne, e ſi l’ira e ſi il dolor lo vinſc
Che dí perder la gratia vilipeſe
Et hauer l’odio del Re e del paeſe.