Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/82


 [31]
O (ditte il Duca a lui) grande e coteſto
     Errore: a che t’ ha il ſolle Amor códutto
     Tu credi eſſer piú amato, io credo qſto
     Medeſmo, ma ſi può vedere al ſrutto,
     Tu fammi ciò e’ hai ſeco manifeſto:
     Et io il ſecreto mio t’ aprirò tutto
     E ql di noi che maco hauer ſi veggia
     Ceda a chi vince, e d’altro ſi pueggia.

 [32]
E faro pronto ſé tu vuoi ch’io giuri
     Di non dir coſa mai che mi riueli
     Coſi voglio ch’anchor tu m’aſſicuri
     Che quel ch’io ti diro ſempre mi celi:
     Venner dunque d’ accordo alli ſcògiuri
     E poſero le man ſu gli Euangeli,
     E poi che di tacer fede ſi diero,
     Ariodante incomincio primiero.

 [33]
E diſſe per lo giuſto e per lo dritto
     Cóe tra ſé e Gineura era la coſa:
     Ch’ ella gli hauea giurato e a bocca, e in ſcritto
     Che mai no faria ad altri ch’allui ſpofa,
     E ſé dal Re le venia contraditto,
     Gli promettea di ſempre eſſer ritroſa
     Da tutti gli altri maritaggi poi,
     E viuer ſola in tutti i giorni ſuoi.

 [34]
E ch’eſſo era in ſperanza pel valore
     C hauea moſtrato I arme a piú d’ u ſegno
     Et era per moſtrare a laude, a honore:
     A beneſicio del Re: e del ſuo regno,
     Di creſcer tato in gratia al ſuo Signore,
     Che farebbe da lui ſtimato degno
     Che la ſigliuola ſua p moglie haueſſe,
     Poi che piacer a lei coſi, intendeſſe.

 [35]
Poi diſſe a queſto termine fon’ io,
     Ne credo giá ch’alcun mi vèga appſſo,
     Ne cerco piú di queſto: ne delio
     De l’amor d’ eſſa hauer ſegno piú eſpffo
     Ne piú vorrei: ſé non quanto da Dio
     Per connubio legitimo e conceſſo
     E faria in vano il domandar piú inanzi
     Che di bota ſo come ogn’ altra auanzi.

 [36]
Poi e’ hebbe il vero Ariodante eſpoſto
     De la merce ch’aſpetta a ſua fatica,
     Polineſſo che giá s’ hauea propoſto
     Di far Gineura al ſuo amator nemica:
     Comincio, fei da me molto difeoſto,
     E vo che di tua bocca ancho tu ’l dica,
     E del mio ben veduta la radice
     Che confeffi me ſolo eſſer felice.

 [37]
Finge ella teco ne t’ ama ne prezza
     Che ti paſce di ſpeme e di parole,
     Oltra qſto il tuo amor ſemp a ſciochezza
     Quado meco ragiona, iputar ſuole
     Io ben d’ eſſerle caro altra certezza
     Veduta n’ ho che di promeſſe e ſole:
     E tei’ diro ſotto la ſé in ſecreto
     Bè che farei piú il debito a ſtar cheto.

 [38]
Non paſſa meſe che tre: quattro: e fei:
     E tal’hor diece notti: io non mi truoui
     Nudo, abbracciato in quel piacer co lei
     Ch’ all’amoroſo ardor par che ſi gioui,
     Si che tu puoi veder s’ a piacer miei
     Son d’aguagliar le ciance ch tu pruoui,
     Cedimi dunque, e d’ altro ti prouedi
     Poi che ſi inſerior di me ti vedi.