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[99]
Che mille miglia e piū, per queſto ſolo
     Era venuto: e non per altro effetto,
     Coſi ſenza indugiar laſcia lo ſtuolo
     E ſi volge al camin che gli vien detto
     Che verſo il ponte fa Leone a volo:
     Forſè per dubbio che gli ſia intercetto,
     Gli va dietro per l’orma in tanta fretta
     Che’l ſuo ſcudier no chiama e no aſpetta

[100]
Leone ha nel ſuggir tanto vantaggio,
     (Fuggir ſi può ben dir piū che ritrarſe)
     Che troua aperto e libero il paſſaggio:
     Poi rompe il ponte e laſcia le naui arſe,
     No v’arriua Ruggier ch’aſcofo il raggio
     Era del Sol: ne fa doue alloggiarſe,
     Caualca inanzi che lucea la Luna
     Ne mai troua caſtel ne villa alcuna.

[101]
Perche non fa doue ſi por, camina
     Tutta la notte, ne d’arcion mai ſcende,
     Ne lo ſpuntar del nuouo Sol: vicina
     A man finiſtra vna citta comprende,
     Oue di ſtar tutto quel di deſtina
     Accio l’ingiuria al ſuo Frontino emède:
     A cui ſenza pofarlo o trargli briglia
     La notte fatto hauea far tante miglia,
[102]
Vngiardo era Signor di quella terra
     Suddito e caro a Coſtantino molto:
     Oue hauea p cagion di qlla guerra
     Da cauallo e da pie buon numer tolto,
     Quiui oue altrui l’entrata non ſi ferra
     Entra Ruggiero, e v’e ſi ben raccolto
     Che non gli accade di paſſar piū auante
     Per hauer miglior loco e piū abódante.

[103]
Nel medeſimo albergo in ſu la ſera
     Vn cauallier di Romania alloggioſſe,
     Che ſi trouo ne la battaglia ſiera
     Quado Ruggier pei Bulgari ſi moſſe,
     Et a pena di man fuggito gliera
     Ma ſpauentato piū ch’altri mai foſſe,
     Si ch’Schor triema, e pargli achora ítorno
     Hauere il Cauallier dal Liocorno.

[104]
Conoſce toſto che lo ſcudo vede
     Che’l Cauallier che qlla inſegna porta,
     E quel che la ſconſitta a i Greci diede,
     Per le cui mani e tanta géte morta,
     Corre al palazzo, & vdientia chiede
     Per dire a quel Signor coſa ch’importa,
     E ſubito intromeffo dice quanto
     Io mi riferbo a dir ne l’altro canto.


CANTO XLV



[1]

Q
Vato piū ſu l’inſtabil ruota vedi

     V/ Di Fortuna ire in alto il mifer’huomo:
     Tanto piū toſto hai da vedergli i piedi
     Oue hora ha il capo, e far cadendo il tomo,
     Di qſto eſempio e Policrate: e il Re di
Lidia, e Dionigi, & altri ch’io non nomo,
     Che rumati ſon da la ſuprema
     Gloria: in vn di ne la miſeria eſtrema.