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Che mille miglia e piū, per queſto ſolo
Era venuto: e non per altro effetto,
Coſi ſenza indugiar laſcia lo ſtuolo
E ſi volge al camin che gli vien detto
Che verſo il ponte fa Leone a volo:
Forſè per dubbio che gli ſia intercetto,
Gli va dietro per l’orma in tanta fretta
Che’l ſuo ſcudier no chiama e no aſpetta
[100]
Leone ha nel ſuggir tanto vantaggio,
(Fuggir ſi può ben dir piū che ritrarſe)
Che troua aperto e libero il paſſaggio:
Poi rompe il ponte e laſcia le naui arſe,
No v’arriua Ruggier ch’aſcofo il raggio
Era del Sol: ne fa doue alloggiarſe,
Caualca inanzi che lucea la Luna
Ne mai troua caſtel ne villa alcuna.
[101]
Perche non fa doue ſi por, camina
Tutta la notte, ne d’arcion mai ſcende,
Ne lo ſpuntar del nuouo Sol: vicina
A man finiſtra vna citta comprende,
Oue di ſtar tutto quel di deſtina
Accio l’ingiuria al ſuo Frontino emède:
A cui ſenza pofarlo o trargli briglia
La notte fatto hauea far tante miglia,
[102]
Vngiardo era Signor di quella terra
Suddito e caro a Coſtantino molto:
Oue hauea p cagion di qlla guerra
Da cauallo e da pie buon numer tolto,
Quiui oue altrui l’entrata non ſi ferra
Entra Ruggiero, e v’e ſi ben raccolto
Che non gli accade di paſſar piū auante
Per hauer miglior loco e piū abódante.
[103]
Nel medeſimo albergo in ſu la ſera
Vn cauallier di Romania alloggioſſe,
Che ſi trouo ne la battaglia ſiera
Quado Ruggier pei Bulgari ſi moſſe,
Et a pena di man fuggito gliera
Ma ſpauentato piū ch’altri mai foſſe,
Si ch’Schor triema, e pargli achora ítorno
Hauere il Cauallier dal Liocorno.
[104]
Conoſce toſto che lo ſcudo vede
Che’l Cauallier che qlla inſegna porta,
E quel che la ſconſitta a i Greci diede,
Per le cui mani e tanta géte morta,
Corre al palazzo, & vdientia chiede
Per dire a quel Signor coſa ch’importa,
E ſubito intromeffo dice quanto
Io mi riferbo a dir ne l’altro canto.
CANTO XLV
[1]
V/ Di Fortuna ire in alto il mifer’huomo:
Tanto piū toſto hai da vedergli i piedi
Oue hora ha il capo, e far cadendo il tomo,
Di qſto eſempio e Policrate: e il Re di
Lidia, e Dionigi, & altri ch’io non nomo,
Che rumati ſon da la ſuprema
Gloria: in vn di ne la miſeria eſtrema.