Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/595


 [107]
E de i lauoratori alle capane
     Prima ch’altroue il giouene fermoſſe,
     E comincio a ſonar certe ſue canne
     Al cui mono danzando il can rizzoſſe,
     La voce e’l grido alla padrona vanne
     E fece ſi: che per veder ſi moſſe:
     Fece il Romeo chiamar ne la ſua corte
     Si come del Dottor trahea la ſorte.

 [108]
E quiui Adonio a comandare al cane
     Incomincio, & il cane a vbbidir lui:
     E far danze noſtral, farne d’eſtrane
     Con paſſi e cótinenze e modi ſui:
     E ſinalmète con maniere Immane
     Far ciò che comandar ſapea colui,
     Co tanta attention, che chi lo mira
     No batte gliocchi: e a pena il ſiato ſpira.

 [109]
Gran marauiglia, & indi gran delire
     Venne alla donna di ql can gentile,
     E ne fa per la Balia proferire
     Al cauto peregrin prezzo non vile,
     S’haueffi piú theſor che mai ſitire
     Poteſſe cupidigia feminile,
     (Colui riſpofe) non faria mercede
     Di còprar degna del mio cane vn piede,

 [110]
E per moſtrar che veri i detti ſoro
     Con la Balia in vn canto ſi ritraſſe,
     E diſſe al cane ch’una marcha doro
     A quella donna in corteſia donaſſe,
     Scoſſeſi il cane, e videſi il theſoro,
     Diſſe Adonio alla Balia che pigliaſſe:
     Soggiungevo, ti par che prezzo ſia
     Per cui ſi bello e vtil cane io dia?

 [111]
Coſa qual vogli ſia non gli domando
     Di ch’io ne torni mai con le man vote,
     E quado pie, e quádo annella, e quando
     Leggiadra veſte e di gra prezzo ſcuote:
     Pur di a Madòna che ſia al ſuo comando
     Per oro no, ch’oro pagar noi puote:
     Ma ſé vuol ch’una notte ſeco io giaccia
     Habbiafi il cane e’l ſuo voler ne faccia,

 [112]
Coſi dice, e vna gemma allhora nata
     Le da, ch’alla padrona l’appreſenti
     Pare alla Balia hauerne piú derata
     Che di pagar dieci ducati o venti,
     Torna alla donna, e le fa l’imbaſciata.
     E la conforta poi che ſi contenti
     D’ acquiſtare il bel cane, ch’acquiſtarlo
     Per pzzo può che non ſi perde a darlo.

 [113]
La bella Argia ſta ritroſetta in prima
     P.irte die la ſua Fé romper non vuole,
     Parte ch’eſſer poſſibile non ſtima
     Tutto ciò che ne ſuonan le parole,
     La Balia le ricorda, e rode: e lima
     Che tanto ben di rado auuenir ſuole,
     E ſé che l’agio vn’ altro di ſi tolſe
     Che’l can veder ſenza tanti occhi volſe,

 [114]
Queſt’ altro comparir ch’Adonio fece
     Fu la ruina e del Dottor la morte,
     Facea naſcer le doble a diece a diece
     Filze di perle e geme d’ogni ſorte,
     Siche il ſuperbo cor manſuéſece
     Che tanto meno a contraſtar ſu ſorte
     Quanto poi ſeppe ch coſtui ch’inante
     Gli fa partito, e’l cauallier ſuo amante.