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E per venire a ſin di qſto amore
A ſpèder comincio ſenza ritegno,
In veſtire, in cornuti, in farſi honore
Quato può farſi vn cauallier piú degno,
Il theſor di Tiberio Imperatore
Non faria ſtato a tante ſpeſe al ſegno:
Io credo be che non paſſar duo verni
Ch’egli vſci ſuor di tutti i ben paterni.
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La caſa ch 1 era dianzi ſrequètata
Matina e ſera tanto da gli amici
Sola reſto: toſto che ſu priuata
Di ſtarne di fagian di coturnici:
Egli che capo ſu de la brigata
Rimaſe dietro, e quaſi ſra medici:
Penſo poi ch’in miſeria era venuto
D’andare oue non foſſe conoſciuto.
[77]
Con queſta intétione vna mattina
Senza far motto altrui, la patria laſcia,
E con ſoſpiri e lachryme ramina
Lungo lo ſtagno che le mura faſeia?
La dona che del cor gliera regina
Giá nò oblia per la feconda ambafeia,
Ecco vn’alta auentura che lo viene
Di ſommo male a porre in ſommo bene.
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Vede vn villan che co vn gran baſtone
Intorno alcuni ſterpi s’ affatica:
Quiui Adonio ſi ferma: e la cagione
Di tanto trauagliar vuol che gli dica,
Diſſe il villan che détro a ql macchione
Veduto hauea vna ſerpe molto antica,
Di che piú lunga e groſſa a giorni ſuoi
Non vide: ne credea mai veder poi.
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E che non ſi voleua indi partire
Che non l’haueſſe ritrouata, e morta:
Come Adonio lo ſente coſi dire
Con poca patietia lo ſopporta,
Sempre ſolea le ſerpi fauorire
Che p inſegna il ſangue ſuo le porta,
In memoria ch’ufei ſua prima gente
De denti feminati di ferpéte.
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E diſſe e fece col villano in guiſa
Che ſuo mal grado abbandono l’impfa:
Si che da lui non ſu la ſerpe vcciſa
Ne piú cercata ne altriméti oſieſa,
Adonio ne va poi doue s’ auiſa
Che ſua condition ſia meno inteſa:
E dura con diſagio e con affanno
Fuor de la patria appſſo al fettimo ano.
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Ne mai per lontananza ne ſtrettezza
Del viuer, che i péſier nò laſcia ir vaghi:
Ceſſa Amor, ch ſi gli ha la mano auezza
Ch’ognhor no li arda il cor ognhor’ ipiaghi
E ſorza al ſin, ch torni alla bellezza
Che ſon di riuedtr ſi gliocchi vaghi,
Barbuto, afflitto: e assai male in arneſe
La donde era venuto il camin preſe.
[82]
In queſto tépo alla mia patria accade,
Mandare vno oratore al padre ſanto:
Che reſti appreſſo alla ſua ſantitade
Per alcun tépo, e non ſu detto quanto,
Gettan la ſorte, e nel giudice cade,
O giorno a lui cagion ſemp di pianto:
Fé ſcuſe, pgo assai, diede: e promeſſe
Per non partirſi: e al ſin sforzato cene.