Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/586


 [35]
Giá con mia moglie hauedo ſimulato
     D’ eſſer partito e gitone in Leuante,
     Nel giouene amator coſi mutato
     L’andar la voce l’habito e’l ſembiaute,
     Me ne ritorno, & ho Melitta a lato
     Che ſera trasformata e parea vn fante:
     E le piú ricche geme hauea con lei
     Che mai madaffin gl’Indi o gli Erithrei

 [36]
Io che l’uſo ſapea del mio palagio
     Entro ſicuro, e vien Meliſſa meco,
     E madonna ritrouo a ſi grande agio
     Che non ha ne ſcudier ne dona ſeco,
     I miei prieghi le eſpògo, Idi il maluagio
     Stimulo inanzi del mal far le arreco
     I Rubini i Diamati e gli Smeraldi
     Che moſſo harebbon tutti i cor piú ſaldi

 [37]
E le dico che poco e queſto dono
     Verſo quel che ſperar da me douea,
     De la comoditá poi le ragiono
     Che nò v’ eſſendo il ſuo marito hauea,
     E le ricordo che gran tempo ſono
     Stato ſuo amante com’ella ſapea,
     E che l’amar mio lei con tanta fede
     Degno era hauer al ſin qualch mercede.

 [38]
Turboſſi nel principio ella nò poco,
     Diuène roſſa, & aſcoltar non volle:
     Ma il veder ſiameggiar poi come fuoco
     Le belle geme, il duro cor ſé molle,
     E co parlar riſpoſe breue e ſioco
     Quel che la vita a rimébrar mi tolle,
     Che mi cópiaceria quando credeſſe
     Ch’ altra perſona mai noi rifapeffe.

 [39]
Fu tal riſpoſta vn venenato telo
     Di che me ne ſenti l’alma traffiſſe,
     Per l’oſſa andomi e per le vene vn gielo,
     Ne le fauci reſto la voce ſiſſa,
     Leuando allhora del ſuo incanto il velo
     Ne la mia ſorma mi torno Meliſſa,
     Penſa di che color doueſſe farſi
     Ch’in tanto error da me vide trouarſi.

 [40]
Diuenimmo ambi di color di morte
     Mutti ambi, abi reſtia co gliocchi baffi,
     Potei la lingua a pena hauer ſi ſorte
     E tanta voce a pena ch’io gridaſſi,
     Me tradireſti dunq3 tu Coforte?
     Qn tu haueſſi chi’l mio honor copraſſi ?
     Altra riſpoſta darmi ella non puote
     Che di rigar di lachryme le gote.

 [41]
Bè la vergogna e assai, ma piú lo ſdegno
     Ch’ella ha da me veder farſi qlla onta,
     E multiplica ſi ſenza ritegno
     Ch’in ira al ſine e in crudele odio mota,
     Da me ſuggirſi toſto fa diſegno,
     E ne l’hora che’l Sol del carro ſmonta
     Al fiume corſe, e in vna ſua barchetta
     Si fa calar tutta la notte in fretta.

 [42]
E la matina s’ appreſenta auante
     Al cauallier che l’hauea vn tèpo amata,
     Sotto il cui viſo ſotto il cui ſembiante
     Fu cotra l’honor mio da me tentata,
     A lui che n’era ſtato & era amante
     Creder ſi può che ſu la giunta grata,
     Quindi ella mi ſé dir, ch’io no ſperaffi
     Che mai piú foſſe mia, ne piú m’amaffi.