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No men gioconda ſtatua ne men bella
Si vede appreſſo, e la ſcrittura dice
Ecco la ſiglia d’ Hercole Iſlabella:
Per cui Ferrara ſi terra felice
Via piú perche in lei nata fará qlla,
Che d’altro ben, che proſpera e fautrice
E benigna Fortuna dar le deue
Volgendo glianni nel ſuo corſo lieue.
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I duo che moſtran diſioſi affetti
Che la gloria di lei ſempre riſuone,
Gian Iacobi vgualmente erano detti
L’uno Calandra e l’altro Bardelone,
Nel terzo e quarto loco oue per ſtretti
Riui, l’acqua eſce ſuor del padiglione
Due dòne ſon che patria, ſtirpe, honore
Hanno di par, di par beltá e valore.
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Heliſſabetta l’una, e Leonora
Nominata era l’altra, e ſia per quanto
Narraua il marmo ſculto d’eſſe anchora
Si glorioſa la terra di Manto.
Che di Vergilio che tanto l’honora
Piú che di qſte non ſi dará vanto,
Hauea la prima a pie del ſacro lembo
Iacobo Sadoletto, e Pietro Bembo.
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Vno elegante Caſtiglione, e vn culto
Mutio Arelio de l’altra eran foſtegni,
Di qſti nomi era il bel marmo ſculto
Ignoti allhora, hor ſi famoſi e degni,
Veggon poi qlla a cui dal cielo indulto
Tanta virtú fará quanta ne regni
O mai regnata in alcun tempo ſia
Verfata da Fortuna hor buona hor ria.
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Lo ſcritto d’ oro eſſer coſtei dichiara
Lucretia Bentiuoglia, e ſra le lode
Pone di lei: che’l Duca di Ferrara
D’ eſſerle padre ſi rallegra e gode:
Di coſtei canta con ſoaue e chiara
Voce, vn Camil che’l Rheno e Felſina ode
Co tata attètion tanto ſtupore
Co qjta Amphryfo vdi giá il ſuo paſtof
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Et vn per cui la terra oue l’Ifauro
Le ſue dolci acqj í ſala in maggior vaſe:
Nominata fará da l’Indo al Mauro
E da l’Auſtrine all’Hyperboree caſe
Via piú che per peſare il Romano auro
Di che perpetuo nome le rimaſe,
(’.nido Poſthumo a cui doppia corona
Pallade quinci: e quindi Phebo dona.
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L’altra che ſegue in ordine e Diana:
NO guardar dice ilmarmo ſcritto, ch’ella
Sia altiera in villa, che nel core humana
Non fará perho men ch’in viſo bella,
Il dotto Celio Calcagnin lontana
Fara la gloria e’l bel nome di qlla
Nel regno di Monefe: in ql di Iuba:
In India e Spagna vdir co chiara Tuba.
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Et vn Marco Cauallo che tal ſonte
Fara di poeſia naſcer d’Ancona
Qual ſé il cauallo alato vſcir del monte
Non ſo ſé di Parnaſſo o d’Helicona:
Beatrice appreſſo a queſto alza la ſronte
Di cui lo ſcritto ſuo coſi ragiona
Beatrice bea viuèdo il ſuo conſorte:
E lo laſcia inſelice alla ſua morte.