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Tu dúque haurai da me ſolazzo e gioia
Io lagrime da te martiri e guai,
10 vo per le mie ma e’ hora tu muoia
Queſto e ſtato veneri, ſé tu noi fai,
Ben mi duol e’ hai troppo honorato Boia
Che troppo lieue e facil morte fai:
Che mani e pene io non ſo ſi neſande
Che ſoſſon pari al tuo peccato grande.
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Mi duol di non vedere in queſta morte
11 ſacriſicio mio tutto perfetto,
Che s’ iol poteua far di quella ſorte
Ch’era il diſio, non hauria alcun difetto,
Di ciò mi ſcuſi il dolce mio conſorte,
Riguardi al buO voler e l’habbia accetto
Che non potendo come haurei voluto,
10 t’ho fatto morir come ho potuto.
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E la punition che qui, fecondo
11 deſiderio mio non poſſo darti,
Spero l’anima tua ne l’altro mondo
Veder patire, & io ſtaro a mirarti,
Poi diſſe alzando con viſo giocondo
I turbidi occhi alle ſuperne parti
Queſta vittima Olindro in tua vendetta
Col buon voler de la tua moglie accetta.
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Et impetra per me dal Signor noſtro
Gratia ch’in Paradiſo hoggi io ſia teco,
Se ti dira che ſenza merto al voſtro
Regno anima nòvien, di ch’io l’ho meco,
Che di qſto empio e federato Moſtro
Le ſpoglie opime al ſanto tempio arreco,
E che merti eſſer puon maggior di qſti?
Spenger ſi brutte e abominoſe peſti?
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Fini il parlare inſieme con la vita:
E morta ancho parea lieta nel volto
D’ hauer la crudeltá coſi punita
Di chi il caro marito le hauea tolto,
Non ſo ſé preuenuta: o ſé ſeguita
Fu da lo ſpirto di Tanacro ſciolto,
Fu preuenuta credo, ch’effetto hebbe
Prima il veneno in lui perche piú bebbe.
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Marganor che cader vede il ſigliuolo
E poi reſtar ne le ſue braccia eſtinto,
Fu per morir co lui, dal graue duolo
Ch’ alla ſprouiſta lo trafiſſe, vinto
Duo n’ hebbe ſl tépo, hor ſi ritroua ſolo:
Due femine a ql termine l’han ſpinto:
La morte a I’ un da l’una ſu caufata
E l’altra all’altro di ſua man l’ha data.
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Amor, pietá, ſdegno, dolore, & ira,
Diſio di morte, e di vendetta inſieme
Quell’infelice & orbo padre aggira
Che come il mar che turbi il vèto ſreme:
Per vendicarli va a Druſilla, e mira
Che di ſuavita ha chiuſe l’hore eſtreme,
E come il punge e sferza l’odio ardente
Cerca oſſendere il corpo che non ſente.
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Qual ſerpe che ne l’haſta ch’alia ſabbia
La tenga ſiſſa, indarno identi metta,
O ql maſtin ch’ai ciottolo che gl’habbia
Gittato il viandante, corre in fretta,
E morda in vano co ſtizza e con rabbia
Ne ſé ne voglia andar ſenza vendetta:
Tal Marganor d’ogni maſtí: d’ogni ague
Via piú crudel, fa cotra il corpo eſangue.