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 [47]
Et eran veramente e farian ſtati
     Semp di laude degni e d’ ogni honore,
     S’ in preda non ſi ſoſſino ſi dati
     A ql deſir che nominiamo Amore,
     Per cui dal buon ſentier fur trauiati
     Al labyrinto & al camin d’errore,
     E ciò che mai di buono haueano fatto
     Reſto cótaminato e brutto a vn tratto.

 [48]
Capito quiui vn cauallier, di corte
     Del greco Imperator, che ſeco hauea
     Vna ſua dona, di maniere accorte,
     Bella quanto bramar piú ſi potea:
     Cilandro in lei s’ inamoro ſi ſorte
     Che morir non l’hauédo gli parea,
     Gli parea che doueſſe alla partita
     Di lei partire inſieme la ſua vita,

 [49]
E perche i prieghi non v’ hauriano loco
     Di volerla per ſorza ſi diſpofe,
     Armoſſi, e dal caſtel lontano vn poco
     Oue paſſar douean: cheto s’ aſcofe,
     l’uſata audacia e l’amorofo fuoco
     Non gli laſcio penſar troppo le coſe,
     Si che vedendo il cauallier venire
     L’andò lancia per lancia ad aſſalire.

 [50]
Al primo incontro credea porlo in terra,
     Portar la Donna e la vittoria in dietro,
     Ma’l cauallier che maſtro era di guerra
     L’ofbergo gli ſpezzq come di vetro,
     Venne la nuoua al padre ne la terra,
     Che lo ſé riportar fopra vn feretro,
     E ritrouandol morto: con gran pianto
     Gli die ſepulchro a gli antiq ani a canto.

 [51]
Ne piú perho ne manco ſi conteſe
     L’albergo e l’accoglienza a qſto e a qllo,
     Perche non men Tanacro era corteſe
     Ne meno era gentil di ſuo fratello,
     l’anno medeſmo di lontan paeſe
     Co la moglie vn Baron véne al cartello
     A marauiglia egli gagliardo, & ella
     Quanto ſi poſſa dir leggiadra e bella.

 [52]
Ne men che bella honeſta e valoroſa,
     E degna veramente d’ogni loda,
     Il cauallier di ſtirpe generoſa
     Di tato ardir quato piú d’altri s’oda:
     E ben conuienſi a tal valor, che coſa
     Di tanto prezzo e ſi eccellente goda,
     Olindro il cauallier da Lungauilla
     La donna nominata era Druſilla.

 [53]
Non men di queſta il giouene Tanacro
     Arie, che’l ſuo ſratel di qlla ardeſſe
     Che gli ſé guſtar ſine acerbo & acro
     Del deſiderio ingiuſto ch’in lei meſſe,
     Non men di lui di violar del ſacro
     E ſanto hoſpitio ogni ragione elleſſe,
     Piú toſto che patir che’l duro e ſorte
     Nuouo deſir lo códuceſſe a morte.

 [54]
Ma pere’ hauea dinazi a gli occhi il tema
     Del ſuo ſratel, che n’era ſtato morto,
     Penſa di torla in guiſa: che non tema
     Ch’ Olindro s’ riabbia a vedicar del torto,
     Toſto s’ eſtingue in lui non pur ſi ſcema
     Quella virtú ſu che ſolea ſtar ſorto.
     Che no lo fommergea de i vitii l’acque
     De le quai ſemp al fondo il padre giacqj.