Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/500


 [28]
Partita volentier la pugna hauria
     Se con ſuo honor potuto haueſſe farlo,
     Ma quei ch’egli hauea ſeco I compagnia
     Perche non vinca la parte di Carlo,
     Che giá lor par che ſuperior ne ſia,
     Saltan nel campo e vogliono turbarlo
     Da l’altra parte i cauallier Chriſtiani
     Si fanno inanzi, e ſon quiui alle mani.

 [29]
Di qua: di la: gridar ſi ſente all’arme
     Come vſati eran far quaſi ogni giorno,
     Monti chi e a pie, chi nò e armato, s’ arme
     Alla bandiera ognun faccia ritorno,
     Dicea con chiaro e bellicoſo carme
     Piú d’una tromba che ſcorrea d’intorno,
     E come quelle fuegliano i caualli
     Suegliado i fanti i Timpani e i Taballi.

 [30]
La ſcaramuccia ſiera e ſanguinoſa
     Quanto ſi poſſa imaginar ſi meſce,
     La Donna di Dordona valoroſa:
     A cui mirabilmente aggraua e increſce
     Che quel di ch’era tanto diſioſa
     Di por Marphiſa a morte, non rieſce,
     Di qua: di la: ſi volge e ſi raggira
     Se Ruggier può veder per cui ſoſpira.

 [31]
Lo riconoſce all’Aquila d’argento
     C ha nello ſcudo azurro il giouinetto.
     Ella con gliocchi e col penſiero intento
     Si ferma a contemplar le ſpalle, e’l petto,
     Le leggiadre fattezze, e’l mouimento
     Pieno di gratia, e poi con gran diſpetto
     Invaginando ch’altra ne gioiſſe
     Da furore aſſalita coſi diſſe,

 [32]
Dunque baciar ſi belle e dolce labbia
     Deue altra? ſé baciar non le pofs’io?
     Ah non fíavero giá ch’altra mai t’ habbia
     Che d’altra eſſer non dei ſé non fei mio,
     Piú torto che morir ſola di rabbia
     Che meco di mia man morir diſio,
     Che ſé ben qui ti perdo, almen l’inſerno
     Poi mi ti renda: e ſtii meco in eterno.

 [33]
Se tu m’occidi, e ben ragion che deggi
     Darmi de la vendetta ancho conſorto,
     Che voglion tutti gli ordini e le leggi
     Ch chi da morte altrui, debba eſſer morto
     Ne par ch’acho il tuo dano il mio pareggi
     Ch tu mori a ragiòe, io moro a torto,
     Faro morir chi brama (ohimè) ch’io muora
     Ma tu crudel’chi t’ama e chi t’adora.

 [34]
Perche non dei tu mano eſſere ardita
     D’ aprir col ferro al mio nimico il core ?
     Che tante volte a morte m’ha ferita
     Sotto la pace in ſicurta d’Amore,
     Et hor può conſentir tormi la vita
     Ne pur hauer pietá del mio dolore,
     Contra qſto empio ardifei animo ſorte
     Vendica mille mie con la ſua morte.

 [35]
Gli ſprona còtra in qſto dir: ma prima
     Guardati (grida) perfido Ruggiero,
     Tu nò andrai (s’io porto) de la opima
     Spoglia del cor d’ una donzella altiero,
     Come Ruggiero ode il parlare, eſtima
     Che ſia la moglie ſua cotti’ era in vero,
     La cui voce in memoria ſi bene hebbe
     Ch’ in mille riconoſcer la potrebbe.