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Come vogliono alzar per l’aria i voli
Non han poi ſorza che’l peſo foſtegna,
Si che conuien che Lethe pur’ inuoli
De ricchi nomi la memoria degna:
Fra tanti augelli ſon duo Cygni ſoli
Bianchi, Signor come e la voſtra iſegna:
Che vengon lieti riportando in bocca
Sicuramente il nome che lor tocca.
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Coſi contra i penlieri empi e maligni
Del Vecchio, ch donar li vorria al fiume
Alcun ne ſaluan gli augelli benigni
Tutto l’auanzo obliuion conſume,
Hor ſé ne van notando i ſacri Cygni
Et hor per l’aria battendo le piume,
Fin che preſſo alla ripa del fiume empio
Trouao vn colle, e fopra il colle, u tèpio.
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All’immortalitade il luogo e ſacro:
Oue vna bella nympha giú del colle
Viene alla ripa del letheo lauacro,
E di bocca de i Cygni i nomi tolle,
E quelli aſtíge intorno al ſimulacro
Ch’in mezo il tempio vna colòna eſtolle,
Quiui li ſacra, e ne fa tal gouerno
Che vi ſi pon veder tutti in eterno.
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Chi ſia ql Vecchio, e perche tutti al rio
Senza alcun ſrutto i bei nomi diſpenfi,
E de gli augelli, e di quel luogo pio
Onde la bella nympha al fiume vienſi,
Haueua Aſtolfo di ſaper deſio
I gran myſteri, e gl’incogniti ſenſi,
E domando di tutte queſte coſe
l’huomo di Dio: che coſi gli riſpofe.
[18]
Tu dei ſaper che non ſi muoue ſronda
La giú, che ſegno qui non ſé ne faccia,
Ogni effetto conuien che corriſponda
In terra, e in ciel, ma con diuerſa faccia,
Quel Vecchio la cui barba il petto inonda
Veloce ſi, che mai nulla l’impaccia
Gli effetti pari, e la medeſima opra
Che’l tempo fa la giú, fa qui di fopra.
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Volte che ſon le ſila in ſu la ruota
La giú la vita humana ardua al ſine,
La fama la, qui ne riman la nota,
Ch’immortali fariano ambe e diuine
Se non che qui quel da la hirſuta gota
E la giú il tempo ognihor ne fa rapine,
Queſti le getta (come vedi) al rio
E quel P immerge ne l’eterno oblio.
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E come qua ſu i conti e gli auoltori
E le mulacchie, e glialtri varii augelli,
S’ affaticano tutti per trar ſuori
De l’acqua i nomi che veggion piú belli,
Coſi la giú Ruffiani, Adulatori,
Buffon, Cinedi, Accuſatori, e quelli
Cheviueno alle corti, e chevi ſono
Piú grati assai che’l virtuoſo e’l buono,
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E ſon chiamati cortigian gentili
Perche fanno imitar P aſino e’l ciacco,
De lor Signor tratto che n’ habbia i ſili
La giuſta Parca, anzi Venere e Baccho.
Queſti di ch’io ti dico inerti e vili
Nati ſolo ad empir di cibo il ſacco:
Portao in bocca qualche giorno il nome
Poi nel’oblio laſcian cader le ſome.