Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/488


 [14]
Come vogliono alzar per l’aria i voli
     Non han poi ſorza che’l peſo foſtegna,
     Si che conuien che Lethe pur’ inuoli
     De ricchi nomi la memoria degna:
     Fra tanti augelli ſon duo Cygni ſoli
     Bianchi, Signor come e la voſtra iſegna:
     Che vengon lieti riportando in bocca
     Sicuramente il nome che lor tocca.

 [15]
Coſi contra i penlieri empi e maligni
     Del Vecchio, ch donar li vorria al fiume
     Alcun ne ſaluan gli augelli benigni
     Tutto l’auanzo obliuion conſume,
     Hor ſé ne van notando i ſacri Cygni
     Et hor per l’aria battendo le piume,
     Fin che preſſo alla ripa del fiume empio
     Trouao vn colle, e fopra il colle, u tèpio.

 [16]
All’immortalitade il luogo e ſacro:
     Oue vna bella nympha giú del colle
     Viene alla ripa del letheo lauacro,
     E di bocca de i Cygni i nomi tolle,
     E quelli aſtíge intorno al ſimulacro
     Ch’in mezo il tempio vna colòna eſtolle,
     Quiui li ſacra, e ne fa tal gouerno
     Che vi ſi pon veder tutti in eterno.

 [17]
Chi ſia ql Vecchio, e perche tutti al rio
     Senza alcun ſrutto i bei nomi diſpenfi,
     E de gli augelli, e di quel luogo pio
     Onde la bella nympha al fiume vienſi,
     Haueua Aſtolfo di ſaper deſio
     I gran myſteri, e gl’incogniti ſenſi,
     E domando di tutte queſte coſe
     l’huomo di Dio: che coſi gli riſpofe.

 [18]
Tu dei ſaper che non ſi muoue ſronda
     La giú, che ſegno qui non ſé ne faccia,
     Ogni effetto conuien che corriſponda
     In terra, e in ciel, ma con diuerſa faccia,
     Quel Vecchio la cui barba il petto inonda
     Veloce ſi, che mai nulla l’impaccia
     Gli effetti pari, e la medeſima opra
     Che’l tempo fa la giú, fa qui di fopra.

 [19]
Volte che ſon le ſila in ſu la ruota
     La giú la vita humana ardua al ſine,
     La fama la, qui ne riman la nota,
     Ch’immortali fariano ambe e diuine
     Se non che qui quel da la hirſuta gota
     E la giú il tempo ognihor ne fa rapine,
     Queſti le getta (come vedi) al rio
     E quel P immerge ne l’eterno oblio.

 [20]
E come qua ſu i conti e gli auoltori
     E le mulacchie, e glialtri varii augelli,
     S’ affaticano tutti per trar ſuori
     De l’acqua i nomi che veggion piú belli,
     Coſi la giú Ruffiani, Adulatori,
     Buffon, Cinedi, Accuſatori, e quelli
     Cheviueno alle corti, e chevi ſono
     Piú grati assai che’l virtuoſo e’l buono,

 [21]
E ſon chiamati cortigian gentili
     Perche fanno imitar P aſino e’l ciacco,
     De lor Signor tratto che n’ habbia i ſili
     La giuſta Parca, anzi Venere e Baccho.
     Queſti di ch’io ti dico inerti e vili
     Nati ſolo ad empir di cibo il ſacco:
     Portao in bocca qualche giorno il nome
     Poi nel’oblio laſcian cader le ſome.