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 [91]
Di tutti i velli ch’erano giā meſſi
     In aſpo, e ſcelti a farne altro lauoro,
     Erano in breui piaſtre i nomi impreſſi
     Altri di ferro, altri d’argéto, o d’oro
     E poi fatti n’hauean cumuli ſpeſſi
     De quali ſenza mai farai riſtoro
     Portarne via non ſi vedea mai ſtanco
     Vn vecchio, e ritornar ſempre p ancho.

 [92]
Era quel vecchio ſi eſpedito e ſnello
     Che per correr parea che foſſe nato:
     E da quel monte il lembo del mantello
     Portaua pien del nome altrui ſegnato,
     Oue n’andaua, e perche facea quello
     Ne l’altro canto vi farā narrato:
     Se d’hauerne piacer ſegno farete
     Con quella grata vdienza che ſolete.


CANTO XXXV



 [1]

C
Hi ſalira p me: Madona in cielo

     A riportarne il mio perduto ingegno?
     Che poi ch’uſei da bei vri occhi il telo
     Che’l cor mi ſiſſe, ognihor perdendo veglio.
     Ne di tanta iattura mi querelo
     Pur che non creſea, ma ſtia a qſto ſegno,
     Ch’io dubito ſé piū ſi va feiemando
     Di venir tal qual ho deferitto Orlando.

 [2]
Per rihauer, l’ingegno mio m’e auiſo
     Che non biſogna che per l’aria io poggi
     Nel cerchio de la Luna, o in Paradiſo,
     Che’l mio no credo ch tato alto alloggi,
     Ne bei voſtri occhi, e nel ſereno viſo,
     Nel ſen d’auorio, e alabaſtrini poggi,
     Se ne va errando, & io con queſte labbia
     Lo corro, ſé vi par ch’io lo rihabbia.

 [3]
Per gliampli tetti andaua il Paladino
     Tutte mirando le ſuture vite,
     Poi e’ hebbe viſto fu’l fatai molino
     Volgerti quelle ch’erano giā ordite,
     E ſcorſe vn vello che piū che d’or ſino
     Splender parea, ne farian gemme trite
     S’in ſilo ſi tiraffero con arte
     Da comparargli alla millefma parte.

 [4]
Mirabilmente il bel vello gli piacque
     Che tra inſiniti paragon non hebbe,
     E di ſapere alto diſio gli nacque
     Quando farā tal vita: e a chi ſi debbe,
     l’Euageliſta nulla glie ne tacque
     Che vèti anni principio prima haurebbe
     Che col .M. e. col .D. foſſe notato
     l’anno corrente dal Verbo incarnato.

 [5]
E come di ſplendore e di beltade
     Quel vello non hauea ſimile o pare,
     Coſi faria la fortunata etade
     Che douea vſcirne al mondo ſingulare,
     Perche tutte le gratie inelyte e rade
     Ch’alma Natura o proprio ſtudio dare
     O benigna Fortuna ad huomo puote
     Haura in perpetua & infallibil dote.