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Era come vn liquor ſrittile e molle
Atto a eſhalar ſé non ſi tien be chiuſo:
E ſi vedea raccolto in varie ampolle
Qual piú, qual me capace, atte a qll’ufo,
Quella e maggior di tutte, í che del ſolle
Signor d’Anglate era il gra ſenno iſuſo:
E ſu da l’altre conoſciuta, quando
Hauea ſcritto di ſuor Senno d’Orlando.
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E coſi tutte l’altre hauean ſcritto ancho
Il nome di color di chi ſu il ſenno,
Del ſuo gran parte vide il Duca ſranco,
Ma molto piú marauigliar lo fenno,
Molti, ch’egli credea che drama manco
Non doueſſero haueme, e quiui denno
Chiara notitia, che ne tenean poco
Che molta quantitá n’ era in quel loco.
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Altri in amar lo perde, altri in honori:
Altri in cercar ſcorrèdo il mar richezze,
Altri ne le ſperanze de Signori:
Altri dietro alle magiche ſciocchezze,
Altri in gemme, altri in opre di pittori:
Et altri in altro che piú d’altroaprezze:
Di Sophiſti e d’ Aſtrologhi, raccolto
E di Poeti anchor, ve n’era molto.
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Aſtolfo tolſe il ſuo, che gliel conceſſe
Lo ſcrittor de l’oſcura Apocalyſſe,
L’ampolla in ch’era al naſo ſol ſi meſſe:
E par che quello al luogo ſuo ne giſſe,
E che Turpin da indi in qua confeffe,
Ch’ Aſtolfo lungo tempo faggio viſſe,
Ma ch’uno error che fece poi, ſu quello
Ch’unaltra volta gli leuo il ceruello.
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La piú capace e piena ampolla ou’ era,
Il ſenno che ſolea far ſauio il Conte,
Aſtolfo tolle, e non e ſi leggiera
Come ſtimo, con l’altre eſſendo a monte,
Prima che’l Paladin da quella ſphera
Piena di luce alle piú baſſe ſmonte,
Menato ſu da l’Apoſtolo ſanto
In vn palagio ou’era vn fiume a canto.
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Ch’ ogni ſu a ſtanza hauea piena di velli
Di lin, di ſeta, di coton, di lana,
Tinti in varii colori e brutti e belli,
Nel primo chioſtro vna femina cana
Fila a vn’aſpo trahea da tutti quelli,
Come veggian l’eſtate la villana
Traher da i Bachi le bagnate ſpoglie,
Quando la nuoua ſeta ſi raccoglie.
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Ve chi ſinito vn vello, rimettendo
Ne viene vn’ altro, e chi ne porta altróde
Vn* alba de le ſilze uá ſcegliendo
Il bel dal brutto che quella confonde,
Che lauor ſi fa qui ch’io non l’intendo?
(Dice a Giouani Aſtolfo) e quel ríſpOde
Le vecchie ſon le parche, che con tali
Stami, ſilano vite a voi mortali.
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Quanto dura vn de velli, tanto dura
l’humana vita, e non di piuvn momento,
Qui tien l’occhio e la Morte e la Natura
Per ſaper l’bora ch’u debba eſſer ſpéto,
Sceglier le belle ſila ha V altra cura
Perche ſi teſſon poi per ornamento
Del paradiſo, e de i piú brutti ſtami
Si fan per li dannati aſpri legami.