Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/483


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Glie ver che ti biſogna altro viaggio
     Far meco, e tutta abbandonar la terra,
     Nel cerchio de la Lúa a menar t’ haggio
     Che de i pianeti a noi piú proflTima erra,
     Perche la medicina che può faggio
     Rendere Orlando, la dentro ſi ferra,
     Come la Luna queſta notte ſia
     Sopra noi giunta, ci porremo i via.

 [68]
Di queſto e d’altre coſe ſu dirtufo
     Il parlar de V Apoſtolo quel giorno,
     Ma poi che’l Sol s’ hebbe nel mar richiuſo
     E fopra lor leuo la Luna il corno
     Vn carro apparecchioſi ch’era ad vſo
     D’ andar ſcorrédo per quei Cieli itorno:
     Quel giá ne le montagne di Giudea
     Da mortali occhi Helya leuato hauea.

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Quattro deſtrier via piú che ſiama roſſi
     Al giogo il ſanto Euangeliſta aggiunſe,
     E poi che con Aſtolfo raſſetoſſi
     E preſe il ſreno: in verſo il ciel li punſe,
     Ruotando il carro per l’aria leuoſſi
     E toſto in mezo il fuoco eterno giunſe,
     Che’l Vecchio ſé miracolofamente
     Che mentre lo paſſar non era ardente.

 [70]
Tutta la Sphera varcano del fuoco
     Et indi vanno al regno de la Luna
     Veggon p la piú parte eſſer quel loco
     Coe vn’acciar che no ha macchia alena,
     E lo trouano vguale o minor poco
     Di ciò ch’in queſto globo ſi raguna,
     In queſto vltimo globo de la terra
     Mettèdo il mar che la circonda e ferra.

 [71]
Quiui hebbe Aſtolfo doppia marauiglia
     Clie quel paeſe appreſſo era ſi grande,
     Ilquale a vn picciol tondo raflímiglia
     A noi che lo miriam da queſte bande,
     E ch’aguzzar conuiengli ambe le ciglia
     S’ indi la terra e’l mar ch’intomo ſpande
     Diſcerner vuol, che non hauendo luce
     l’imagin lor poco alta ſi conduce.

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Altri ſiumi, altri laghi, altre campagne
     Sono la ſu, che non ſon qui tra noi,
     Altri piani, altre valli, altre montagne,
     C’han le cittadi hanno i cartelli ſuoi:
     Con caſe dele quai mai le piú magne
     Non vide il Paladin prima ne poi,
     E vi ſono ampie e ſolitarie ſelue
     Oue le nymphe ogn’ hor cacciao belue.

 [73]
Non ſtette il Duca a ricercare il tutto
     Che la non era aſceſo a quello effetto,
     Da l’Apoſtolo ſanto ſu condutto
     In vn vallon ſra due montagne iſtretto,
     Oue mirabilmente era ridutto
     Ciò che ſi perde, o per noſtro diſletto
     O per colpa di tempo o di Fortuna,
     Ciò che ſi perde qui, la ſi raguna,

 [74]
Non pur di regni o di ricchezze parlo
     In che la ruota inſtabile lauora,
     Ma di quel, ch’in poter di tor di darlo
     Nò ha Fortuna, intéder voglio anchora,
     Molta Fama e la ſu, che come Tarlo
     Il Tèpo al lungo andar qua giú diuora.
     La ſu inſiniti prieghi e voti ſtanno
     Che da noi peccatori a Dio ſi fanno.