Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/475


 [3]
Fin ch’ella vn giorno a i neghitoſi ſigli
     Scuota la chioma, e cacci ſuor di Lethe,
     Gridando lor, non ſia chi raſſimigli
     Alla virtú di Calai e di Zete?
     Che le menſe dal puzzo e da gli artigli
     Liberi, e torni a lor monditia liete?
     Come eſſi giá quelle di Phineo, e dopo
     Fé il Paladin quelle del Re Etiopo.

 [4]
Il Paladin col ſuono horribil venne
     Le brutte Harpie cacciado í ſuga e í rotta
     Tanto ch’a pie d’un monte ſi ritenne
     Oue eſſe erano entrate in vna grotta,
     l’orecchie attente allo ſpiraglio tenne
     E l’aria ne ſenti percoſſa e rotta
     Da piati e d’urli e da lamèto eterno
     Segno euidente quiui eſſer lo’nferno.

 [5]
Aſtolfo ſi penſo d’ entrami dentro
     E veder quei e’ hanno perduto il giorno,
     E penetrar la terra fin’ al centro
     E le bolgie inſernal cercare intorno,
     Di che debbo temer (dicea) s’io v’étro?
     Che mi poſſo aiutar ſempre col corno.
     Faro ſuggir Plutone e Sathanaffo
     E’l Can trifauce leuero dal paſſo.

 [6]
De l’alato deſtrier preſto diſceſe
     E lo laſcio legato a vn’arbuſcello,
     Poi ſi calo ne l’antro, e prima preſe
     Il corno, hauèdo ogni ſua ſpeme in qllo,
     Non andò molto inanzi, che gli oſſeſe
     Il naſo e gliocchi vn ſumo oſcuro e fello
     l’in che di pece graue e che di zolfo
     Nò ſta d’adar per queſto inazi Aſtolfo.

 [7]
Ma quanto va piú inanzi, piú s’ingrofla
     Il ſumo, e la caligine, e gli pare
     Ch’ andare inanzi piú troppo non poſſa
     Che fará ſorza a dietro ritornare,
     Ecco non fa che ſia, vede far moſſa
     Da la volta di fopra, come fare
     Il Cadauero appeſo al vento ſuole,
     Che molti di, ſia ſtato all’acqua e al Sole.

 [8]
Si poco e quaſi nulla era di luce
     In quella affumicata, e nera ſtrada
     Che no cOprende, e nò diſcerne il Duce
     Chi queſto ſia che ſi per l’aria vada,
     E per notitia hauerne, ſi conduce
     A dargli vno o duo colpi de la ſpada
     Stima poi ch’uno ſpirto eſſer ql debbia
     Che gli par di ferir fopra la nebbia.

 [9]
Allhor ſenti parlar con voce meſta,
     Deli ſenza fare altrui danno giú cala,
     Pur troppo il negro ſumo mi moleſta
     Che dal fuoco inſernal qui tutto ef hala:
     Il Duca ſtupefatto allhor s’ arreſta
     F. dice all’ombra: ſé Dio tronchi ogni ala
     Al ſumo, ſi ch’a te piú non afeenda
     Non ti diſpiaccia che’l tuo ſtato intenda,

 [10]
E ſé vuoi che di te porti nouella
     Nel mondo ſu, per ſatisfarti ſono,
     l’ombra riſpofe, alla luce alma e bella
     Tornar p fama anchor ſi mi par buono,
     Che le parole e ſorza che mi ſuella
     Il gran deſir e’ ho d’ hauer poi tal dono:
     E che’l mio nome e l’eſſer mio ti dica
     Ren che’l parlar mi ſia noia e fatica.