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Caccia Angelica in fretta la giumenta
E co sferza e con ſpron tocca e ritocca:
Che le parrebbe a quel biſogno lenta
Se ben volaſſe piú che ſtral da cocca,
De P annel e’ ha nel dito ſi ramenta
Che può ſaluarla, e ſé lo getta in bocca,
E P annel che non perde il ſuo coſtume
La fa ſparir come ad vn ſoſſio il lume.
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O foſſe la paura, o che pigliaſſe
Tanto diſconcio nel mutar l’annello
O pur che la giumenta traboccale:
Che no poſſo affermar queſto ne quello,
Nel medeſmo momento che ſi traſſe
l’annello in bocca, e celo il viſo bello
Leuo le gambe, & vſci de l’arcione
E ſi trouo riuerſa in fu’l fabbione.
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Piú corto che quel ſalto era dua dita
Auiluppata rimanea col matto,
Che con l’urto le hauria tolta la vita:
Ma gran ventura l’aiuto a quel tratto,
Cerchi pur ch’altro ſurto le dia aita
D’un’ altra beſtia, come prima ha fatto,
Che piú non e per rihauer mai queſta
Ch’ inanzi al Paladin l’arena peſta.
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Non dubitate giá, ch’ella non s’ habbia
A prouedere, e ſeguitiamo Orlando,
In cui non ceſſa P impeto e la rabbia
Perche ſi vada Angelica celando,
Segue la beſtia per la nuda ſabbia
E ſé le vien piú ſempre approſſimando,
Giá giá la tocca, & ecco l’ha nel crine
Indi nel ſreno, e la ritiene al ſine.
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Con quella feſta il Paladin la piglia
Ch’ un’ altro haurebbe fatto vna dozella
Le raffetta le redine e la briglia
E ſpicca vn ſalto & entra ne la fella:
E correndo la caccia molte miglia
Senza ripoſo in qſta parte e in quella,
Mai non le leua ne fella ne ſreno
Ne le laſcia guſtare herba ne ſieno.
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Volendoli cacciare oltre vna ſoſſa
Sozopra ſé ne va con la caualla,
Non nocque a lui ne ſenti la percoſſa:
Ma nel fondo la miſera ſi ſpalla,
Non vede Orlando come trar la poſſa
E ſinalmente ſé l’arreca in ſpalla
E ſu ritorna e va con tutto il carco
Quato in tre volte no trarrebbe vn’ arco.
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Sentendo poi che gli grauaua troppo
La poſe in terra: e volea trarla a mano:
Ella il ſeguia con palio lento e zoppo
Dicea Orlado camina, e dicea in vano:
Se l’haueſſe ſeguito di galoppo
Affai non era al deſiderio inſano,
AI ſin dal capo le leuo il capeſtro
E dietro la lego fopra il pie deſtro.
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E coli la ſtrafeina e la conforta
Che lo potrá ſeguir con maggior agio,
Qual leua il pelo, e quale il cuoio porta
De i faſſi ch’eran nel camin maluagio,
La mal condotta beſtia reſto morta
Finalmente di ſtratio e di diſagio:
Oliando non le penſa e non la guarda
E via correndo il ſuo camin non tarda.