Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/415


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l’acqua gli fece diſtaccare in fretta
     Orlando e nudo e nuota com’un peſce:
     Di qua le braccia, e di la i piedi getta:
     E viene a proda, e come di ſuor eſce
     Correndo va, ne per mirare aſpetta
     Se in biaſmo o in loda queſto gli rieſce,
     Ma il Pagan che da l’arme era impedito
     Torno piú tardo e co piú affanno al lito.

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Sicuramente Fiordiligi intanto
     Hauea paſlato il ponte e la riuiera,
     E guardato il ſepolchro in ogni canto
     Se del ſuo Brandimarte inſegna v’era,
     Poi che ne l’arme ſue vede ne il manto:
     Di ritrouarlo in altra parte ſpera:
     Ma ritorniamo a ragionar del Conte
     Che laſcia a dietro e torre e fiume e potè,

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Pazzia fará ſé le pazzie d’Orlando
     Prometto raccontami ad vna ad vna,
     Che tante e tante ſur, ch’io non ſo quado
     Finir, ma ve n’andrò ſcegliendo alcuna
     Solenne, & atta da narrar cantando
     Et ch’all’hiſtoria mi parrá oportuna,
     Ne quella tacerò miraculofa
     Che ſu ne i Pyrenei fopra Tolofa

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Traſcorfo hauea molto paeſe il Conte
     Come dal graue ſuo furor ſu ſpinto.
     Et al ſin capito fopra quel monte
     Per cui dal Franco e il Tarracon diſtito,
     Tenendo tuttauia volta la ſronte
     Verſo la doue il Sol ne viene eſtinto,
     E quiui giunſe in vno anguſto calle
     Che pendea fopra vna profonda valle.

[52]
Si vennero a incontrar con eſſo al varco
     Duo boſcherecci gioueni, ch’inante
     Hauean di legna vn loro aſino carco,
     E perche ben s’accorfero al ſembiante
     C hauea di cernei ſano il capo ſcarco,
     Gli gridano con voce minacciante,
     O ch’a dietro o da parte ſé ne vada
     E che ſi leui di mezo la ſtrada.

[53]
Orlando non riſponde altro a quel detto
     Se non che con furor tira d’un piede:
     E giunge a punto l’aſino nel petto
     Con quella ſorza che tutte altre eccede:
     Et alto il leua ſi, ch’uno augelletto
     Che voli in aria ſembra a chi lo vede,
     Quel va a cadere alla cima d’ un colle
     Ch’ u miglio oltre la valle il giogo eſtolle

[54]
Indi verſo i duo gioueni s’ auenta
     De i quali u piú ch ſenno hebbe auétura,
     Che da la balza che due volte trenta
     Braccia cadea, ſi gitto per paura,
     A mezo il tratto trouo molle e lenta
     Vna macchia di rubi e di verzura,
     A cui baffo graſſiargli vn poco il volto
     Del reſto lo mando libero e ſciolto.

[55]
l’altro s’ attacca ad un ſcheggio ch’uſciua
     Fuor de la roccia, per ſalirui fopra:
     Perche ſi ſpera s’alia cima arriua
     Di trouar via che dal pazzo lo cuopra,
     Ma ql ne i piedi, che no vuol che viua
     Lo piglia, mentre di ſalir s’ ad opra:
     E quanto piú sbarrar puote le braccia
     Le sbarra ſi, ch’in duo pezzi lo ſtraccia.