Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/398


 [16]
E che la porti per ſuo amore al collo
     Lo prega, ſiche ogn’hor gli ne ſouenga,
     Piacqj il dono al marito, & accettollo
     Non perche dar ricordo gli conuenga:
     Che ne tempo ne abſentia mai dar crollo
     Ne buona o ria fortuna che gli auenga
     Potrá a quella memoria ſalda e ſorte
     C ha di lei ſemp e haura dopo la morte.

 [17]
La notte ch’andò inanzi a quella Aurora
     Che ſu il termine eſtremo alla partenza,
     Al ſuo Iocondo par ch’in braccio muora
     La moglie, che n’ ha toſto da ſtar ſenza,
     Mai nò ſi dorme, e inázi al giorno ú hora
     Viene il marito all’ultima licenza,
     Monto a cauallo e ſi parti in effetto
     E la moglier ſi ricorco nel letto.

 [18]
Iocondo anchor duo miglia ito non era
     Che gli venne la croce raccordata,
     C hauea ſotto il guancial meſſo la ſera,
     Poi per obliuion l’hauea laſciata,
     Laſſo (dicea tra ſé) di che maniera
     Trouero ſcuſa che mi ſia accettata?
     Che mia moglie non creda che gradito
     Poco da me ſia l’amor luo infinito?

 [19]
Penſa la ſcuſa, e poi gli cade in mente
     Che non fará accettabile ne buona
     Mandi famigli mandiui altra gente
     S’ egli medeſmo non vi va in perſona,
     Si ferma, e al ſratel dice, hor pianamente
     Fin’ a Baccano al primo albergo ſprona,
     Che dentro a Roma e ſorza ch’io riuada
     E credo ancho di giugnerti per ſtrada.

 [20]
Non potria fare altri il biſogno mio
     Ne dubitar ch’io faro toſto teco:
     Volto il ronzin di trotto, e diſſe a dio
     Ne de famigli ſuoi volſe alcun ſeco,
     Giá cominciaua quando paſſo il rio
     Dinanzi al Sole a ſuggir l’aer cieco,
     Smonta in caſa, va al letto, e la conſorte
     Quiui ritroua addormentata ſorte.

 [21]
La cortina leuo ſenza far motto
     E vide quel che men veder credea,
     Che la ſu a caſta e fedel moglie, ſotto
     La coltre i braccio a vn giouene giacea,
     Riconobbe l’adultero dibotto
     Per la pratica lunga che n’ hauea,
     Ch’ era de la famiglia ſua vn garzone
     Alleuato da lui d’humil natione.

 [22]
S’ attonito reſtaffe e mal contento
     Meglio e penſarlo, e farne fede altrui
     Ch’efferne mai per far l’eſperimento
     Che con ſuo gran dolor ne ſé coſtui,
     Da lo ſdegno aſſalito hebbe talento
     Di trar la ſpada, e vccidergli ambedui,
     Ma da l’amor che porta al ſuo diſpetto
     All’ingrata moglier, gli ſu interdetto,

 [23]
Ne lo laſcio queſto ribaldo Amore
     (Vedi ſé ſi l’hauea fatto vaſallo)
     Deſtarla pur, per non le dar dolore
     Che foſſe da lui colta in ſi gran fallo,
     Quanto potè piú tacito vſci ſuore
     Sceſe le ſcale, e rimonto a cauallo,
     E punto egli d’Amor coſi lo punſe
     Ch’ali’ albergo non ſu che’l ſratel giuſe.