Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/397


[8]
Al Re parue impoſſibil coſa vdire
     Che ſua la palma infin’ allhora tenne:
     E d’ hauer conoſcenza alto delire
     Di ſi lodato giouene gli venne,
     Fé ſi con Fauſto, che di far venire
     Quiui il ſratel prometter gli conuenne.
     Ben ch’a poterlo indur che ci veniſſe
     Saria fatica, e la cagion gli diſſe.

[9]
Che’l ſuo fratello era huo ch moſſo il piede
     Mai no hauea di Roma alla ſua vita,
     Che del ben che Fortuna gli concede
     Traquilla e ſenza affanni hauea notrita,
     La roba, di che’l padre il laſcio herede,
     Ne mai creſciuta hauea ne minuita,
     E che parrebbe a lui Pauia lontana
     Piú ch no parria a vn’ altro ire alla Tana,

[10]
E la difficulta faria maggiore
     A poterlo ſpiccar da la mogliere,
     Con cui legato era di tanto amore
     Che non volendo lei, non può volere:
     Pur per vbbidir lui che gli e Signore,
     Diſſe d’ andare, e fare oltre il potere
     Giunſe il Re a prieghi tali oſſerte e doni
     Che di negar non gli laſcio ragioni.

[11]
Partiſſe, e in pochi giorni ritrouoſſe
     Dentro di Roma alle paterne caſe,
     Quiui tanto prego, che’l ſratel moſſe
     Si ch’a venire al Re gli perſuaſe
     E fece anchor (ben che diffidi foſſe)
     Che la cognata tacita rimaſe,
     Proponendole il ben che n’ ufeiria,
     Oltre ch’obligo ſempre egli l’hauria.

[12]
Fiſſe Iocondo alla partita il giorno,
     Trouo caualli, e ſeruitori intanto,
     Veſti ſé far per comparire adorno:
     Che talhor creſce vna beltá vn bel mato
     La notte a lato, e’l di la moglie intorno
     Co gliocchi adhor adhor pgni di pianto
     Gli dice, che non fa come patire
     Potrá tal lontananza e non morire.

[13]
Che penſandoui ſol, da la radice
     Sueller ſi ſente il cor nel lato manco,
     Deh vita mia, non piagnere (le dice
     Iocódo) e ſeco piagne egli non manco,
     Coſi mi ſia queſto camin felice
     Come tornar vo ſra duo meli al manco,
     Ne mi faria paſſar d’un giorno il ſegno
     Se mi donaſſe il Re mezo il ſuo regno.

[14]
Ne la Donna perciò ſi riconforta,
     Dice, che troppo termine ſi piglia,
     E s’ al ritorno non la troua morta
     Eſſer non può ſé non gran marauiglia,
     No laſcia il duol che giorni e notte porta
     Che guſtar cibo e chiudere poſſa ciglia:
     Tal che per la pietá Iocondo ſpeffo
     Si pente, ch’al fratello habbia promeſſo.

[15]
Dal collo vn ſuo monile ella ſi ſciolſe
     Ch’una crocetta hauea ricca di gemme
     E di fante reliquie, che raccolſe
     In molti luoghi vn peregrin Boemme,
     Et il padre di lei ch’in caſa il tolſe
     Tornando inſermo di Hieruſalemme,
     Venendo a morte poi ne laſcio herede
     Queſta leuoſſi, & al marito diede.