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CANTO XXVIII
[1]
Per Dio nò date a qſta hiſtoria orecchia
A qſta che l’hoſtier dire in diſpregio
E in voſtra inſamia e biaſmo s’apparecchia
Ben che ne macchia vi può dar ne ſregio
Lingua ſi vile, e ſia l’ufanza vecchia
Che’l volgare ignorante ognun riprenda
E parli piū di quel che meno intenda.
[2]
Laſciate queſto canto che ſenza eſſo
Può ſtar l’hiſtoria, e nò farā men chiara:
Mettèdolo Turpino anch’io l’ho meſſo
Non per maliuolentia ne per gara:
Ch’iov’ami, oltre mia ligua chi’ ha eſpffo
Che mai non ſu di celebrami auara
N’ho fatto mille proue, e v’ho dimoſtro
Ch’io ſon ne potrei eſſer ſé non voſtro.
[3]
Paſſi chi vuol tre charte o quattro, ſenza
Leggerne verſo, e chi pur legger vuole
Gli dia quella medeſima credenza
Che ſi ſuol dare a ſintioni, e a ſole,
Ma tornado al dir noſtro, poi ch’udièza
Apparecchiata vide a ſue parole
E darſi luogo incontra al caualliero
Coſi l’hiſtoria incomincio l’hoſtiero.
[4]
Aſtolfo, Re de Longobardi, quello
A cui laſcio il ſratel Monacho il regno:
Fu ne la giouinezza ſua ſi bello
Che mai poch’altri giuſero a quel ſegno,
N’hauria a fatica vn tal fatto a penello
Apelle, o Zeuſi, o ſé v’e alcū piū degno:
Bello era, & a ciaſcun coſi parea
Ma di molto egli anchor piū ſi tenea.
[5]
Non ſtimaua egli tanto per l’altezza
Del grado ſuo d’hauere ognun minore,
Ne tanto che di genti e di ricchezea
Di tutti i Re vicini era il maggiore,
Quato che di preſentia e di bellezza
Hauea p tutto’l mondo il primo honore:
Godea di queſto, vdendofi dar loda
Quanto di coſa volentier piū s’oda.
[6]
Tra glialtri di ſua corte hauea assai grato
Fauſto latini vn cauallier Romano,
Con cui ſouente eſſendoſi lodato
Hor del bel viſo, hor de la bella mano,
Et hauendolo vn giorno domandato
Se mai veduto hauea preſſo o lontano
Altro huom di ſorma coſi bè comporto,
Contra quel che credea gli ſu riſpoſto.
[7]
Dico (riſpoſe Fauſto) che fecondo
Ch’io veggo, e ch parlarne odo a ciaſcuo
Ne la bellezza hai pochi pari al mondor
E queſti pochi io li reſtringo in vno,
Queſt’uno e vn ſratel mio detto Iocòdo:
(Eccetto lui) ben crederò ch’ognuno
Di beltā molto a dietro tu ti laſſi
Ma queſto ſol credo t’adegui e paſſi.