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CANTO XXIII



 [1]

S
Tudiſi ognun giouare altrui che rade

     Volte il ben far lenza il ſuo pmio Ga
     E ſé pur ſenza, almen no te ne accade
     Morte ne dano ne ignominia ria
     Chi nuoce altrui, tardi o per tépo cade
     11 debito a ſcontar che non s’oblia,
     Dice il prouerbio ch’a trouar ſi vanno
     Glihuomini ſpeffo, e i moti fermi (tanno.

 [2]
Hor vedi quel ch’a Pinabello auuiene
     Per eſſerſi portato iniquamente:
     E giunto in Comma alle douute pene
     Douute e giuſte alla ſua ingiuſta mente
     E Dio che le piū volte non foſtiene
     Veder patire a torto vno innocente
     Saluo la Donna e ſaluera ciaſcuno
     Che d’ogni fellonia viua digiuno.

 [3]
Credette Pinabel queſta Donzella
     Giā d’hauer morta, e cola giū ſepulta:
     Ne la penſaua mai veder, non ch’ella
     Gli haueſſe a tor de gli error Cuoi la multa
     Ne il ritrouarCi in mezo le cartella
     Del padre, in alcun vtil gli riſulta,
     Quiui Altaripa era tra monti ſieri
     Vicina al tenitorio di Pontieri.

 [4]
Tenea quell’Altaripa il vecchio conte
     Anſelmo: di ch’ufei queſto maluagio
     Che per ſuggir la man di Chiaramente
     D’amici e di ſoccorſo hebbe diſagio,
     La Donna al traditore a pie d’un monte
     Tolſe l’indegna vita a Clio grande agio,
     Che d’altro aiuto quel non ſi prouede
     Che d’alti gridi, e di chiamar mercede.

 [5]
Morto ch’ella hebbe il CalCo caualliero
     Che lei voluto hauea giā porre a morte,
     VolCe tornare oue laſcio Ruggiero
     Ma non lo conſenti ſua dura ſorte,
     Che la ſé trainar per vn ſentiero
     Che la porto dou’era ſpeffo e ſorte
     Doue piū ſtrano e piū Colingo il boCco
     Laſciado il Sol giā il modo all’aer CoCco.

 [6]
Ne Cappiendo ella oue poterfí altroue
     La notte riparar, ſi Cermo quiui,
     Sotto le fraſche in ſu l’herbette nuoue
     Parte dormendo ſin che’l giorno arriui
     Parte mirando hora Saturno hor Gioue
     Venere e Marte, e glialtri erranti Diui,
     Ma tempre o vegli o dorma, con la mete
     Contemplando Ruggier come preCente.

 [7]
Speſſo di cor profondo ella ſoſpira
     Di pentimento e di dolor compunta
     C’habbia I lei, piū ch’Amor, potuto lira
     l’ira dicea m’ha dal mio Amor diſgiuta
     Almen ci haueſſi io poſta alcuna mira
     Poi e’ hauea pur la mala impreſa aſſunta
     1 )i Caper ritornar donde io veniua
     Che ben ſui d’occhi e di memoria priua,