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E diede d’ urto a chi venia fecondo
Et a chi terzo ſi terribil botta,
Che rotto ne la ſchena vſcir del mondo
Fé l’uno e l’altro e de la fella a vn’hotta,
Si duro ſu P incontro, e di tal pondo
Si ſtretta inſieme ne venia la ſrotta,
Ho veduto bombarde a quella guiſa
Le sqdre aprir ch ſé lo ſtuol Marphiſa.
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Sopra di lei piú lance rotte ſuro,
Ma tanto a qlli colpi ella ſi moſſe
Quato nel giuoco de le caccie, vn muro
Si muoua a colpi de le palle groſſe,
l’uſbergo ſuo di tempra era ſi duro
Che non gli potean contra le percoſſe,
E per incanto, al fuoco del’inſerno
Cotto: e temprato all’acqj ſu d’Auerno.
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Al ſin del capo il deſtrier tenne e volſe,
E fermo alquato, e in fretta poi lo ſpinfe
Incótra glialtri, e ſbarragliolli, e ſciolſe
E di lor ſangue infin’ all’elſa tinſe:
All’uno il capo all’altro il braccio tolſe:
E vn’ altro in guiſa con la ſpada cinſe
Che’l petto 1 terra andò col capo & abe
Le braccia, e ! fella il vètre era e le gábe
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Lo parti dico, per dritta miſura
De le coſte e de l’anche alle confine,
E lo ſé rimaner meza ſigura
Qual dinazi all’imagini diuine
Poſto d’argento, e piú di cera pura
Son da genti lontane e da vicine,
Ch’ a ringratiarle e ſciorre il voto vano
De le domande pie ch’ottenute hanno.
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Ad vno che ſuggia dietro ſi miſe
Ne ſu a mezo la piazza che lo giunſe,
E’l capo e’l collo in modo gli diuiſe
Che medico mai piú non lo raggiunſe,
In ſomma tutti vn dopo l’altro vcciſe
O feri ſi, ch’ogni vigor n’ emunſe,
E ſu ſicura, che leuar di terra
Mai piú no ſi potrian, per farle guerra.
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Stato era il cauallier ſempre in vn canto
Che la decina in piazza hauea 9dutta:
Perho che contra vn ſolo, andar co tato
Vátaggio, opra gli parue iniqua e brutta
Hor che per vna man torſi da canto
Vide ſi toſto la compagna tutta:
Per dimoſtrar che la tardanza foſſe
Cortefia ſtata e non timor, ſi moſſe.
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Con man ſé ceno di volere inanti
Che faceſſe altro, alcuna coſa dire,
E non penſando in ſi viril ſembianti
Che s’ haueſſe vna vergine a coprire,
Le diſſe Caualliero, homai di tanti
Eſſer dei ſtanco, e’ hai fatto morire
E s’ io voleſſi piú di quel che fei:
Stancarti anchor: diſcorteſia farei.
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Che ti ripoſi inſino al giorno nuouo
E doman torni in campo ti concedo,
Nò mi ſia honor ſé teco hoggi mi pruouo
Che trauagliato e laſſo eſſer ti credo,
Il trauagliare in arme non m’e nuouo
Ne per ſi poco, alla fatica cedo
(Diſſe Marphiſa) e ſpero ch’a tuo coſto
Io -ti faro di qſto aueder toſto.