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 [59]
Non potè vdire Aſtolfo ſenza riſa:
     De la vicina terra il rito ſtrano,
     Soprauien Safonetto, e poi Marphiſa,
     Indi Aquilante, e ſeco il ſuo Germano:
     Il padron parimente lor diuiſa
     La cauſa che dal porto il tien lontano,
     Voglio (dicea) ch inázi il mar m’affoghi
     Ch’io ſenta mai di ſeruitude i gioghi.

 [60]
Del parer del padrone, i marinari
     E tutti glialtri nauiganti ſuro,
     Ma Marphiſa e còpagni eran contrari
     Ch piú che l’acque il Iito haucan ſicuro,
     Via piú il vederli intorno’irati i mari
     Che cento mila ſpade era lor duro,
     Parea lor queſto e ciaſcun’ altro loco
     Don’ arme vſar potean da temer poco.

 [61]
Rramauano i guerrier venire a proda
     Ma co maggior baldaza il duca Ingleſe,
     Che fa come del corno il rumor s’ oda
     Sgombrar d’ intorno ſi fará il paeſe,
     Pigliare il porto l’una parte loda
     E l’altra il biaſma. e ſono alle conteſe
     Ma la piú ſorte i guiſa il padron ſtringe,
     ch’ai porto ſuo mal grado, il legno ſpige

 [62]
C.ia quando prima s’ erano alla viſta
     De la citta crudel fu’l mar ſcoperti,
     Veduto haueano vna galea prouiſta
     Di molta ciurma, e di nochieri eſperti:
     Venire al dritto a ritrouar la triſta
     Naue: confuſa di conſigli incerti:
     Che l’alta prora alle (ila poppe baſſe
     Legado, ſuor de l’empio mar la traſſe:

 [63]
Entrar nel porto remorchiádo, e a ſorza
     Di remi, piú che per fauor di vele:
     Perho che l’alternar di poggia e d’orza
     Hauea leuato il vento lor crudele,
     Intanto ripigliar la dura ſcorza
     I cauallieri. e il brando lor fedele,
     Et al padrone, & a ciaſcun che teme
     Non ceſſan dar con lor conſorti ſpeme.

 [64]
Fatto e’l porto a ſembianza d’ una Luna
     E gira piú di quattro miglia intorno:
     Seicento paſſi e in bocca, & in ciaſcuna
     Parte, vna rocca ha nel ſinir del corno,
     Non teme alcuno aſſalto di Fortuna
     Se no quado gli vien dal mezo giorno,
     A guiſa di theatro ſé gli ſtende
     La citta a cerco, e verſo il poggio aſcède

 [65]
Non ſu quitti ſi toſto il legno ſorto,
     (Giá l’auifo era per tutta la terra)
     Che fur fei mila femine fu’l porto
     Co gliarchi T mano in habito di guerra,
     E per tor de la ſuga ogni conſorto
     Tra l’una rocca e l’altra il mar ſi ferra:
     Da naui e da catene ſu rinchiuſo
     Che tenean ſempre inſtrutte a cotal vſo,

 [66]
Vna che d’anni alla Cumea d’Apollo
     Potè vguagliarſi, e alla madre d’ Hettorf
     Fé chiamare il padrone, e domádollo
     Se ſi volean laſciar la vita torre,
     O ſé voleano pur al giogho il collo
     Secondo la coſtuma ſottoporre,
     De gli dua l’uno haueáo a torre, o quiui
     Tutti morire, o rimaner captiui.