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Se ſtaua all’ombra, o ſé del tetto vſciua
Hauea di e notte il bel Giouine a lato:
Matino e ſera hor queſta hor qlla riua,
Cercado adaua, o qualche verde prato:
Nel mezo giorno vn’ Antro li copriua
Forſè nò men di quel comodo e grato
C’hebber, ſuggendo lacq3, Enea e Dido
De lor ſecreti teſtimonio ſido.
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Fra piacer tanti, ouunq3 vn’ arbor dritto
Vedeſſe ombrare o ſonte, oriuo puro
V hauea ſpillo, o coltel ſubito ſitto,
Coli ſé v’era alcun ſaſſo men duro,
Et era ſuori in mille luoghi ſcritto
E coſi in caſa in altri tanti il muro
Angelica e Medoro, in varii modi
Legati inſieme di diuerſi nodi,
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Poi che le parue hauer fatto ſoggiorno
Quiui piú ch’a baſtanza, ſé diſegno
Di fare in India del Catai ritorno
E Medor coronar del ſuo bel regno:
Portaua al braccio ú cerchio d’Oro adorno
Di ricche geme, i teſtimonio e ſegno
Del ben che’l conte Orlando le volea
E portato gran tempo ve l’hauea.
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Quel dono giá Morgana a Ziliante
Nel tempo che nel lago aſcoſo il tenne,
Et eſſo poi ch’al padre Monodante
Per opra e per virtú d’Orlando, venne
Lo diede a Orlado: Orládo ch’era amate
Di porſi al braccio il cerchio d’Or foſtène
Hauendo diſegnato di donarlo
Alla Regina ſua di ch’io vi parlo.
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Non per amor del Paladino, quanto
Perch’era ricco, e d’artificio egregio:
Caro hauuto l’hauea la Donna tanto
Che piú nò ſi può hauer coſa di pregio:
Se lo ſerbo ne l’Iſola del pianto
Non ſo giá dirui con che priuilegio,
La doue eſpoſta al marin Moſtro nuda
Fu da la gente inhoſpitale e cruda.
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Quiui non ſi trouando altra mercede
Ch’ai buon paſtore & alla moglie deſſi
Che ſeruiti gl’hauea con ſi gran fede
Dal di che nel ſuo albergo ſi fur meſſi.
Leuo dal braccio il cerchio, e gli lo diede
E volſe per ſuo amor che lo teneſſi
Indi faliron verſo la montagna
Che diuide la Francia da la Spagna.
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Dentro a Valenza, o dentro a Barcellona
Per qualche giorno, hauea pèſato porſi,
Fin che accadeſſe alcuna naue buona
Che per leuáte apparecchiaſſe a ſciorſi:
Videro il mar ſcoprir ſotto a Girona
Ne lo ſmontar giú de i montani dorſi:
E corteggiando a man finiſtra il lito
A Barcellona andar pel camin trito.
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Ma nòvi giuſer prima, ch’huom pazzo
Giacer trouaro in ſu l’eſtreme arene:
Che, come porco di loto e di guazzo
Tutto era brutto e volto, e petto e ſchene:
Coſtui ſi ſcaglio lor eòe cagnazzo
Ch’affalir foreſtier ſubito viene:
E die lor noia, e ſu per far lor ſcorno,
Ma di Marphiſa a ricontarui torno.