Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/263


 [188]
Vano affrettando i paſſi quanto ponno
     Sotto l’amata ſoma che gl’ingombra,
     E giā venia chi de la luce e donno
     Le ſtelle a tor del ciel di terra l’ombra.
     Quādo Zerbino, a cui del petto il Conno
     L’alta virtude oue e biſogno ſgombra,
     Cacciato hauendo tutta notte i Mori
     Al campo ſi trahea ne i primi albori.

 [189]
E Teco alquanti cauallieri hauea
     Che videro da lunge i dui compagni.
     Ciaſcuno a quella parte ſi trahea
     Sperandoui trouar prede e guadagni.
     Frate biſogna (Cloridan dicea)
     Gittar la ſoma: e dare opra a i calcagni:
     Che farebbe penſier non troppo accorto
     Perder duo viui per ſaluar vn morto.

 [190]
E gitto il carco perche ſi penſaua
     Che’l ſuo Medoro il ſimil far doueſſe,
     Ma ql meſchin che’l ſuo Signor piū amaua
     Sopra le ſpalle ſue tutto lo reſſe,
     L’altro con molta fretta ſé n’andaua
     Come l’amico aparo o dietro haueffe,
     Se ſapea di laſciarlo a quella ſorte
     Mille aſpettate hauria nò ch’una morte.

 [191]
Quei cauallier con animo diſpoſto
     Che queſti a réder s’habbino o a morire
     Chi qua chi la ſi ſpargono: & han toſto
     Preſo ogni paſſo onde ſi poſſa vſcire,
     Da loro il capitan poco difeoſto
     Piū de glialtri e ſollicito a ſeguire,
     Ch’in tal guiſa vedendoli temere
     Certo e che ſian de le nimiche ſchiere

 [192]
Era a quel tempo iui vna ſelua antica
     D’ombroſe piante ſpeffa, e di virgulti:
     Che come labyrintho entro s’intrica
     Di ſtretti calli, e ſol da beſtie culti,
     Sperali d’hauerla i duo Pagan ſi amica
     C’habbi’a tenerli étro a ſuoi rami occulti
     Ma chi del canto mio piglia diletto
     Vn’altra volta ad aſcoltarlo aſpetto.


CANTO DECIMONONO



 [1]

A
Lcun nò può ſaper da chi ſia amato

     Quando felice in ſu la ruota ſiede,
     Perho e’ ha i veri e i ſinti amici a lato
     Che nioſtrA tutti vna medeſma fede,
     Se poi ſi cangia in triſto il lieto ſtato
     Volta la turba adulatrice il piede,
     E quel che di cor ama riman ſorte
     Et ama il ſuo Signor dopo la morte.

 [2]
Se come il viſo ſi moſtraffe il core
     Tal ne la corte e grade e glialtri preme
     E tal’e in poca gratia al ſuo Signore
     Che la lor ſorte muteriano inſieme,
     «Jueſto humil diuerria toſto il maggior
     Stana quel grade inſra le turbe eſtreme,
     Ma torniamo a Medor fedele e grato
     Ch’n vita e 1 morte ha il ſuo Signor amato.