Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/261


 [172]
Coſi diſpoſti metterò in quel loco
     Le ſucceſſiue guardie, e ſé ne vanno,
     Laſcian foſſe e ſteccati, e dopo poco
     Tra noſtri ſon che ſenza cura ſtanno,
     II capo dorme, e tutto e ſpéto il fuoco
     Perche de i Saracin poca tema hanno,
     Tra l’arme e carriaggi ſtan rouerfi
     Nel vin nel ſono iſino a gliocchi imerfi.

 [173]
Fermoſſi alquato Cloridano, e diſſe:
     Non ſon mai da laſciar l’occafioni,
     Di queſto ſtuol che’l mio Signor trafiſſe
     Non debbo far Medoro occiſioni ?
     Tu, perche fopra alcun non ci veniſſe,
     Gliocchi e l’orecchi in ogni parte poni:
     Ch’ io m’offeriſco farti con la ſpada
     Tra gli ’minici ſpatiofa ſtrada.

 [174]
Coſi diſſe egli, e toſto il parlar tenne
     Kt entro doue il dotto Alpheo dormia,
     Che l’ano inazi in corte a Carlo venne
     Medico e Mago, e pien d’ Aſtrologia,
     Ma poco a queſta volta gli ſouenne
     Anzi gli diſſe in tutto la bugia,
     Predetto egli s’hauea, che d’ani pieno
     Douea morire alla ſua moglie in ſeno,

 [175]
Et hor gli ha meſſo il cauto Saracino
     La punta de la ſpada ne la gola,
     Quattro altri vecide appſſo all’indouio,
     Che non han tempo a dire vna parola,
     Mention de i nomi lor non fa Turpino
     E’l lungo andar le lor notitie inuola,
     Dopo eſſi Palidon da Monchalieri
     Che ſicuro dormia ſra duo deſtrieri.

 [176]
Poi ſé ne vien doue col capo giace
     Appoggiato al barile il miſer Grillo,
     Hauealo voto, e hauea creduto in pace
     Goderſi un ſonno placido e tranquillo:
     Trocogli il capo il Saracino audace,
     Eſce col ſangue il vin per vno ſpillo
     Di che n’ha in corpo piú d’una bigoncia
     E di ber ſogna, e Cloridan lo feoncia.

 [177]
E pſſo a Grillo, vn Greco & vn Tedeſco
     Spège í dui colpi Andropono eCórado,
     Che de la notte hauea goduto al ſreſco
     Gra parte hor co la tazza hora col dado
     Felici ſé vegghiar ſapeano a deſco
     l’in ch de l’Indo il Sol paſſaſſi il guado:
     Ma nò potria ne gli huomini il deſtino
     Se del ſuturo ognun foſſe indouino.

 [178]
Come impatto Leone in ſtalla piena
     Ch lúga fame habbia ſmacrato eafeiutto
     Vecide: ſcanna: mangia: a ſtratio mena
     l’inſermo gregge in ſua balia condutto,
     Coſi il crudel Pagan, nel ſonno ſuena
     La noſtra gente, e fa macel per tutto,
     La ſpada di Medoro ancho non hebe
     Ma ſi ſdegna ferir P ignobil plebe.

 [179]
Venuto era oue il Duca di Labretto
     Co vna dama ſua dormia abbracciato:
     E l’un con l’altro ſi tenea ſi ſtretto
     Che non faria tra lor l’aere entrato,
     Medoro ad ambi taglia il capo netto
     O felice morire, o dolce fato:
     Che come erano i corpi, ho coſi fede
     Ch’adar l’alme abbracciate alla lor fede