Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/259


[156]
I Mori fur quel giorno in gran periglio
     Che’n Pagania non ne tornane teſta:
     Ma’l ſaggio Re di Spagna da di piglio
     E ſé ne va con quel che in man gli reſta,
     Reſtar in danno tien miglior conſiglio
     Che tutti i denar perdere, e la veſta,
     Meglio e ritrarſi, e ſaluar qualche ſchiera
     Ch ſtado, eſſer cagio che’l tutto pera

[157]
Verſo glialloggiamenti i ſegni inula
     Ch’eron ferrati d’argine, e di ſoſſa:
     Con Stordilan: col Re d’Andologia:
     Col Portugheſe, in vna ſquadra groſſa,
     Manda a pregar il Re di Barbaria
     Che ſi cerchi ritrar meglio che poſſa,
     E ſé quel giorno la perſona e’l loco
     Potrá ſaluar: non haura fatto poco,

[158]
Quel Re che ſi tenea ſpacciato al tutto
     Ne mai credea piú riueder Biſerta,
     Che con viſo ſi horribile e ſi brutto
     Vii quáco non hauea Fortuna eſperta,
     S’allegro che Marſilio hauea ridutto
     Parte del campo in ſicurezza certa,
     Et a ritrarſi comincio: e a dar volta
     Alle bandiere, e ſé ſonar raccolta.

[159]
Ma la piú parte de la gente rotta
     Ne tromba ne tambur ne ſegno aſcolta,
     Tanta ſu la viltá, tanta la dotta
     Ch’ in Senna ſé ne vide affogar molta,
     11 Re Agramante vuol ridur la ſrotta
     Seco ha Sobrino, e va ſcorredo in volta
     E con lor s’ affatica ogni buon Duca
     Che ne i ripari il campo ſi riduca.

[160]
Ma ne il Re, ne Sobrin, ne Duca alcuno
     CO prieghi: con minacele, con affanno:
     Ritrar può il terzo (non ch’io dica ognuno)
     Doue l’infegne mal ſeguite vanno:
     Morti o ſuggiti ne ſon dua, per vno
     Che ne rimane, e quel non ſenza danno
     Ferito e chi di dietro, e chi dauanti
     Ma trauagliati e laſſi tutti quanti.

[161]
E con gran tema ſin dentro alle porte
     De i ſorti allogiamèti hebbon la caccia,
     Et era lor quel luogo ancho mal ſorte
     Con ogni proueder che vi ſi faccia:
     Che ben pigliar nel crin la buona ſorte
     Carlo ſapea quando volgea la faccia,
     Se non venia la notte tenebroſa
     Ch ſiacco il fatto, & acqueto ogni coſa.

[162]
Dal Creator accelerata ſorſè,
     Che de la ſua fattura hebbe pietade,
     Ondeggio il ſangue per capagna, e corſe
     Come vn gran fiume, e dilago le ſtrade,
     Ottanta mila corpi numerorſe
     Che fur quel di meſſi per ſil di ſpade,
     Villani e lupi vſcir poi de le grotte
     A diſpogliargli e a deuorar la notte.

[163]
Carlo non torna piú dentro alla terra
     Ma contra gli nimici ſuor s’accampa,
     Et in aſſedio le lor tende ferra
     Et alti e ſpeſſi ſuochi intorno auampa,
     Il Pagan ſi prouede, e caua terra
     Foſſi e ripari e baſtioni ſtampa:
     Va riuedendo e tien le guardie deſte
     Ne tutta notte mai l’arme ſi fueſte.