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xxii prefazione

si conformasse in tutte le edizioni posteriori al testo A, e tale rimanesse anche nelle ristampe piū recenti, popolari e scolastiche.

Non voglio accusare Francesco Rosso d’aver per stimolo d’avarizia servito sí male messer Ludovico; tanta fu in Ferrara la fama del valente tipografo, l’amicizia tra lui e il poeta e la fiducia che questi gli ebbe, che non mi pare, senza prove, sia da accogliere pur il dubbio. Ad ogni modo, qualunque valore si voglia dare a questa probabile congettura che spiega il fatto singolarissimo, si può concludere con certezza che il testo B ci fa conoscere l’Orlando Furioso quale veramente uscí dalla fantasia e dalla penna di Ludovico nella seconda correzione del poema immortale, e questo anche conferma l’esemplare su pergamena della Barberiniana-Vaticana, offerto forse da lui al papa Clemente VII. Perciò il testo B deve ritenersi il primo testo (e sarebbe ornai da indicarlo con A), anzi l’unico approvato dall’Ariosto; mentre il testo A riproduce lo stesso testo approvato, ma con l’introduzione di settantotto ottave derivate da un’edizione precedente. Il testo A dunque, che fin qui è stato il testo volgare dell’Orlando e, pur con gli errori onde lo corruppe nel 1545 Girolamo Ruscelli, fu fin qui ripubblicato in ogni ristampa, deve essere giudicato erroneo e sostituito con la lezione del testo B.

Poco mi resta da avvertire circa la edizione presente. La stampa è stata accuratamente condotta sull’esemplare Barberino-Latino 3942 della Vaticana, che come copia destinata a persona d’alto grado, ha le iniziali dei canti miniate e il titolo e i primi quattro versi in caratteri aurei. Ma poiché l’esemplare manca del frontespizio originale, che è sostituito con altro in miniatura, di mano posteriore, il frontespizio qui è stato riprodotto da altra copia del 1532, e del tipo B. I privilegi di stampa, che sono a tergo del frontespizio e nell’ultima pagina dopo il testo, qui sono stati dati di seguito, al termine del volume. Nella stampa del poema si mantenne integralmente la lezione del testo, conservando perfino le mende tipografiche, affinché il lettore, senza alcuna alterazione di parola o di lettera, avesse sott’occhio l’Orlando quale veramente l’Ariosto lo licenziò nell’impressione definitiva. Dei facsimili aggiunti, due ritraggono due pagine del testo, la prima cioè e un’altra scelta tra quelle che contengono dieci ottave