Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/228


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Riſpoſe il Re, non ſi voler partire
     Se non vedea la ſua Lucina prima,
     E che piú toſto appreſſo a lei morire
     Che viuerne lontan faceua ſtima
     Quando vede ella non potergli dire
     Coſa chel muoua da la voglia prima,
     Per aiutarlo fa nuouo diſegno
     E pòui ognifua iduſtria ogni ſuo Igegno

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Morte hauea I caſa e d’ ogni tépo appeſe
     Con lor mariti assai capre & agnelle:
     Onde a ſé & alle ſue facea le ſpeſe
     E dal tetto pendea piú d’ una pelle,
     La donna ſé che’l Re del graſſo preſe
     C hauea u gra becco itorno alle budelle
     E che ſé n’ unſe dal capo alle piante
     Fin ch l’odor caccio ch’egli hebbe inate

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E poi che’l triſto puzzo hauer le parue
     Di che il fetido becco ogn’hora ſape
     Piglia l’hirfuta pelle, e tutto entrarne
     Lo ſé, che’lla e ſi grande che lo cape
     Coperto ſotto a coſi ſtrane larue
     Facendol gir carpon ſeco lo rape
     La doue chiuſo era d’ un ſaſſo graue
     De la ſua donna il bel viſo ſoaue.

 [47]
Norandino vbidiſce, & alla buca
     De la ſpelonca, ad aſpettar ſi mette,
     Accio col gregge dentro ſi conduca,
     E fin’a ſera diſiando ſtette.
     Ode la ſera il ſuon de la ſambuca
     Co che’nuita a laſſar l’numide herbette
     E ritornar le pecore all’albergo
     Il ſier paſtor che lor venia da tergo.

 [48]
Penſate voi ſé gli tremaua il core
     Quando l’Orco ſenti che ritornaua,
     E chel viſo crudel pieno d’horrore
     Vide appreſſare all’ufeio de la caua,
     Ma potè la pietá piú che’l timore
     S’ ardea vedete o ſé ſingendo amaua,
     Vien l’Orco inazi, e leua il ſaſſo & apre
     Norandino entra ſra pecore e capre.

 [49]
Entrato il gregge, l’Orco a noi deſcede,
     Ma prima fopra ſé l’ufeio ſi chiude,
     Tutti ne va ſiutando, al ſin duo prende,
     Che vuol cenar de le lor carni crude,
     Al rimebrar di quelle zanne horrende
     NO poſſo far ch’achor no trieme e ſude,
     Partito l’Orco il Re getta la gonna
     C hauea di becco, e abbraccia la ſua Dona

 [50]
Doue hauerne piacer deue e conſorto
     (Vedédol qui) ella n’ ha affanno e noia
     Lovede giunto, ou’ha da reſtar morto
     E nò può far perho ch’eſſa non muoia,
     Co tutto’l mal (diceagli) ch’io ſupporto
     Signor fenda non mediocre gioia,
     Che ritrouato non t’ eri con nui
     Quádo da l’Orco hoggi qui tratta ſui.

 [51]
Che ſé ben il trouarmi hora in procinto
     D’ uſcir di vita m’era acerbo e ſorte:
     Pur mi farei, come e comune inſtinto,
     Dogliuta ſol de la mia triſta ſorte
     Ma hora, o prima o poi che tu ſia eſtinto
     Piú mi dorrá la tua che la mia morte:
     E ſeguito moſtrado assai piú affanno
     Di quel di Norandin che del ſuo dano.