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Piantare i padiglioni e le cortine
Fra gliarbori tirar facemo lieti,
S’apparecchiano i ſuochi e le cucine
Le menſe d’altra parte in ſu tapeti,
In tanto il Re cercando alle vicine
Valli, era andato e a boſchi piú ſecreti
Se ritrouaſſe capre, o daini, o centi
E l’arco gli portar dietro duo ſerui.
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Métre aſpettamo in gran piacer ſedédo,
Che da cacciar ritorni il Signor noſtro,
Vedemo l’Orco a noi venir correndo
Lungo il lito del mar, terribil moſtro,
Dio vi guardi Signor ch’I viſo horrédo
Del Orco, a gliocchi mai vi ſia dimoſtro
Meglio e per fama hauer notitia d’effo
Ch’ andargli ſi che lo veggiate appreſſo.
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Non gli può comparir quanto ſia lungo
Si ſmiſuratamente e tutto groſſo,
In luogo d’occhi, di color di ſungo
Sotto la ſronte ha duo coccole d’offo,
Verſo noi vien (come vi dico) lungo
Il lito, e par ch’un monticel ſia moſſo,
Moſtra le zanne ſuor come fa il porco,
Ha lungo il naſo il ſen bauofo e ſporco.
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Correndo viene, e’l muſo a guiſa porta
Che’l bracco ſuol qn entra I ſu la traccia
Tutti che lo veggiam con faccia ſmorta
In ſuga andamo, oue il timor ne caccia,
Poco il veder lui cieco ne conforta
Quando ſiutando ſol, par che piú faccia
Ch’altri non fa e’ habbia odorato e lume
E biſogno al ſuggire eran le piume.
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Corron chi qua chi la: ma poco lece
Da lui ſuggir veloce piú che’l Noto,
Di quaranta perſone, a pena diece
Sopra il nauilio ſi ſaluaro a nuoto,
Sotto il braccio vn faſtel d’ alcuni fece
Ne il grembio ſi laſcio ne il ſeno voto,
Vn ſuo capace Zaino empiſſene ancho
Che gli pèdea, come a paſtor dal ſianco.
[33]
Portoci alla ſua tana il moſtro cieco,
Cauata in lito al mar dentr’ uno ſcoglio,
Di marmo coſi bianco e quello ſpeco
Còe eſſer ſoglia achor no ſcritto ſoglio,
Quiui habitaua vna Matrona ſeco,
Di dolor piena in viſta e di cordoglio,
Et hauea in copagnia donne e donzelle
d’ogni etá, d’ogni ſorte, e brutte e belle.
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Era preſſo alla grotta in ch’egli ſtaua,
Quaſi alla cima del giogo ſuperno
Vn’ altra non minor di quella caua,
Doue del gregge ſuo facea gouerno,
Tanto n’ hauea che non ſi numeraua,
E n’ era egli il paſtor l’eſtate e’l verno
A i tépi ſuoi gli apriua, e tenea chiuſo
Per ſpaffo che n’ hauea, piú che per vſo.
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l’humana carne meglio gli ſapeua
E prima il fa veder ch’all’antro arriui.
Che tre de noſtri giouini e’ haueua,
Tutti li mangia, anzi trangugia viui,
Viene alla ſtalla, e vn gran ſaſſo ne leua
Ne caccia il gregge, e noi riſerra quiui,
Con quel ſen va doue il ſuol far ſatollo
Sonado vna zápogna e’ hauea in collo.