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ORLANDO FVRIOSO
[6]
Scontro preſſo a Damaſco il caualliero
A cui donato hauea Horrigille il core:
E conuenian di rei coſtumi in vero
Come ben ſi conuien l’herba col fiore:
Che l’uno e l’altro era di cor leggiero,
Perfido l’uno e l’altro e traditore,
E copria l’uno e l’altro il ſuo difetto
Con danno altrui, ſotto corteſe aſpetto.
[7]
Come io vi dico il cauallier venia
S’ un grá deſtrier co molta pópa armato,
La perfida Horrigille in compagnia
In vn veſtire Azur d’ oro ſregiato,
E duo valletti, donde ſi ſeruia
A portar’ elmo e ſcudo, haueua allato,
Come quel che volea con bella moſtra
Comparire in Damaſco ad vna gioſtra.
[8]
Vna ſplendida feſta che bandire
Fece il Re di Damaſco in quelli giorni
Era cagion di far quiui venire
I cauallier quanto potean piú adorni,
Toſto che la Puttana comparire
Vede Griphò, ne teme oltraggi e ſcorni,
Sa che l’amante ſuo non e ſi ſorte
Ch contra lui l’habbia a capar da morte.
[9]
Ma ſi come audaciſſima e ſcaltrita
Anchor che tutta di paura trema:
S’ acconcia il viſo, e ſi la voce aita
Che non appar in lei ſegno di tema,
Col Drudo hauèdo giá l’aſtutia ordita
Corre, e ſingendo vna letitia eſtrema,
Verſo Griphon l’aperte braccia tende
Lo ſtringe al collo, e gra pezzo ne pede.
[10]
Doppo accordando affettuoſi geſti
Alla ſuauita de le parole,
Dicea piagendo Signor mio ſon queſti
Debiti premii a chi t’adora e cole?
Che ſola ſenza te giá vn’ anno reſti
E va p l’altro, e anchor non te ne duole
E s’io ſtaua aſpettare il tuo ritorno
Nò ſo ſé mai veduto haurei ql giorno.
[11]
Quando aſpettaua che di Nicoſia,
Doue tu te n’ andarti alla gran corte,
Tornaſſi a me: che con la febbre ria
Laſciata haueui in dubbio de la morte,
Intefí che paſſato eri in Soria,
Il che a patir mi ſu ſi duro e ſorte
Che non ſapendo come io ti feguififi
Quaſi il cor di man propria mi traffiffi.
[12]
Ma Fortuna di me con doppio dono
Moſtra d’hauer, quel che no hai tu: cura
Mandomi il ſratel mio col quale io ſono
Sin qui venuta del mio honor ſicura,
Et hor mi mada queſto incontro buono
Di te, ch’io ſtimo fopra ogni auentura,
E bene a tempo il fa, che piú tardando
Morta farei, te Signor mio bramando.
[13]
E ſeguito la Donna ſraudolente
Di cui l’opere fur piú che di volpe,
La ſua querela coſi afonamente
Che riuerſo in Griphon tutte le colpe,
Gli fa ſtimar colui, non che parente,
Ma ch d’ u padre ſeco habbia oſſa e polpe
E con tal modo fa tener gl’inganni
Che men verace par Luca e Giouanni.