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 [104]
Queſto perche mille ſiate inante
     Giā ripreſo l’hauea di quello amore,
     Di lui piū ſaggio il fratello Aquilante,
     E cercato colei trargli del core.
     Colei ch’ai ſuo giudicio, era di quante
     Femine rie ſi trouin la peggiore,
     Griphon l’eſcufa, fe’l ſratel la danna
     E le piū volte il parer proprio inganna.

 [105]
Perno fece pender, ſenza parlarne
     Con Aquilante, girſene ſoletto
     Sin dentro d’Antiochia, e quindi trarne
     Colei, ch tratto il cor glihauea del petto
     Trouar colui che gli l’ha tolta, e farne
     Vendetta tal, che ne ſia ſempre detto,
     Diro come ad effetto il pender meſſe
     Nell’altro canto e ciò che ne ſucceſſe.


CANTO SESTODECIMO



 [1]

G
Raui pene in Amor ſi prouan molte,

     Diche patito io n’ho la maggior parte,
     E quelle in danno mio ſi ben raccolte
     Ch’io ne poſſo parlar come per arte,
     Perho s’io dico e s’ho detto altre volte
     E quado in voce, e quado! viue charte,
     Ch’il mal ſia lieue, vn’altro acerbo efiero
     Date credenza al mio giudicio vero.

 [2]
Io dico e diſſi e diro ſin ch’io viua
     Che chi ſi truoua in degno laccio preſo,
     Se ben di ſé vede ſua Donna ſchiua.
     Se in tutto auerſa al ſuo delire acceſo,
     Se bene Amor d’ogni mercede il priua,
     Poſcia che’l tempo e la fatica ha ſpefo
     Pur ch’altamente habbia locato il core,
     Piager no de, ſé ben languiſce e muore.

 [3]
Pianger de quel, che giā ſia fatto ſeruo
     Di duovaghi occhi, e d’ūa bella treccia,
     Sotto cui ſi naſconda vn cor proteruo
     Che poco puro habbia co molta feccia,
     Vorria il miſer ſuggire, e come Ceruo
     Ferito, ouunque va porta la ſreccia,
     Ha di fefleffo e del ſuo Amor vergogna
     Ne l’ofa dire e in van ſanarſi agogna.

 [4]
In queſto caſo e il Giouene Griphone
     Ch no ſi può emèdar, e il ſuo error vede,
     Vede quanto vilmente il ſuo cor pone
     In Horrigille iniqua e ſenza fede,
     Pur dal mal’uſo e vinta la ragione
     E pur l’arbitrio all’appetito cede
     Perfida ſia quantunque ingrata e ria
     Sforzato e di cercar doue ella ſia.

 [5]
Dico la bella hiſtoria ripigliando,
     Ch’uſei de la citta ſecretamente:
     Ne parlarne s’ardi col ſratel, quando
     Ripreſo in van da lui ne ſu ſouente,
     Verſo Rama a finiſtra declinando
     Preſe la via piū piana e piū corrente,
     Fu in fei giorni a Damaſco di Soria
     Indi verſo Antiochia ſé ne giā.