Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/141


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Il chiaro lume lor ch’imita il Sole
     Mada ſplédore, in tata copia intorno
     Che chi l’ha, ouúqj ſia, ſemp chevuole,
     Phebo (mal grado tuo) ſi può far giorno
     Ne mirabil vi ſon le pietre ſole:
     Ma la materia, e l’artificio adorno
     Contendon ſi: che mal giudicar puoffi
     Qual de ledue eccelleze maggior ſoſſi

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Sopra glialtiſſimi archi che puntelli
     Parean che del ciel ſoſſino auederli:
     Eran giardin ſi ſpatiofi, e belli
     Che faria al piano ancho fatica hauerli
     Verdeggiar gli odoriſeri arbuſcelli
     Si puon veder ſra i luminoſi merli,
     Ch’adorni ſon l’eſtate, e il verno tutti
     Di vaghi fiori, e di maturi ſrutti.

 [62]
Di coſi nobili arbori non ſuole
     Produrſi ſuor di queſti bei giardini,
     Ne di tai Roſe, o di ſimil Viole,
     Di Gigli, di Amaranti, o di Germini
     Altroue appar come avn medeſmo Sole
     E naſca, e viua, e morto il capo inchini,
     E come laſci vedouo il ſuo ſtelo,
     Il fior ſuggetto al variar del cielo.

 [63]
Ma quiui era perpetua la verdura,
     Perpetua la beltá de fiori eterni:
     Non che benignitá de la Natura
     Si temperatamente li gouerni:
     Ma Logiſtilla con ſuo ſtudio e cura
     Senza biſogno de moti ſuperni
     (Quel che a glialtri impoffibile parea)
     Sua primauera ogn’hor ferma tenea.

 [64]
Logiſtilla moſtro molto hauer gTato
     Ch’a lei veniſſe vn ſi gentil ſignore,
     E comando che foſſe accarezzato
     E che ſtudiaffe ogn’ un di fargli honore,
     Gran pezzo inanzi Aſtolfo era arriuato
     Che viſto da Ruggier ſu di buon core,
     Fra pochi giorni venner glialtri tutti
     Ch’a l’effer lor Meliſſa hauea ridutti.

 [65]
Poi che ſi fur poſati vn giorno e dui
     Venne Ruggiero alla fata prudente
     Col duca Aſtolfo, che non men di lui
     Hauea deſir di riueder Ponente
     Meliſſa le parlo per amendui,
     E ſupplica la fata humilemente,
     Che li conſigli fauorifea e aiuti
     Si che ritomin d’onde era venuti.

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Diſſe la Fata io ci porro il penderò,
     E ſra dui di te li darò eſpediti:
     Diſcorre poi tra ſé, come Ruggiero
     E dopo lui, come quel Duca aiti,
     Cochiude in ſin, che’l volator deſtriero
     Ritorni il primo a gli Aquitani liti,
     Ma pria vuol che fegli facciavn morſo,
     Con che lo volga, e gli raffreni il corſo.

 [67]
Gli moſtra eoe egli habbia a far ſevuole
     Che poggi in alto, e come a far che cali,
     E come ſé vorrá che in giro vole
     O vada ratto, o che ſi ſtia ſu l’ali,
     E quali effetti il cauallier far ſuole
     Di buon deſtriero in piana terra, tali
     Facea Ruggier che maſtro ne diuenne,
     Per l’aria del deſtrier e’ hauea le penne.