Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/137


 [28]
Huomo nò veggio q: nò ci veggio opra
     Donde io polla ſtimar e’ huomo qui ſia,
     Naue non veggio, a cui ſalendo fopra
     Speri allo ſcampo mio ritrouar via,
     Di diſagio morrò: ne che mi cuopra
     Gliocchi fará, ne chi ſepolchro dia:
     Se ſorſè in ventre Ior non me lo danno
     I Lupi (ohimè) ch’in qſte ſelue ſtano.

 [29]
Io ſto in ſoſpetto, e giá di veder panni
     Di queſti boſchi, Orſi o Leoni vſcire,
     O Tigri o ſiere tal, che natura armi
     D’aguzzi denti, e d’ ungne da ferire:
     Ma quai fere crudel potriano farmi
     Fera crudel peggio di te morire?
     Darmi vna morte ſo lor parrá assai,
     E tu di mille (ohimè) morir mi fai.

 [30]
Ma preſupògo anchor e’ horhora arriui
     Nochier: che per pietá di qui mi porti:
     E coſi Lupi: Orſi, Leoni, ſchiui
     Strati, diſagi, & altre horribil morti:
     Mi porterá ſorſè in Olanda? s’ ini
     Per te ſi guardan le ſortezze, e i porti ?
     Mi porterá alla terra oue ſon nata?
     Se tu con ſraude giá me l’hai Iettata?

 [31]
Tu m’hai lo ſtato mio ſotto preteſto
     Di parentado, e d’ amicitia tolto:
     Ben foſti a pomi le tue genti preſto
     Per hauer il dominio a te riuolto,
     Tornerò 1 Fiadra? oue hovèduto il retto
     Di che io viuea bèche no ſoſſi molto,
     Per fouenirti e di prigione trarte
     Miſchina doue andrò? nò ſo in qual pte.

 [32]
Debbo ſorſè ire in Friſa? oue io potei
     E per te non vi volſi eſſer Regina?
     Ilche del padre, e de i ſratelli miei
     E d’ogn’ altro mio ben ſu la ruina,
     Quel e’ ho fatto per te non ti vorrei
     Ingrato improuerar, ne diſciplina
     Dartene, che non men di me lo fai
     Hor ecco il guiderdo che me ne dai.

 [33]
Deh pur che da color chevano in corſo
     Io non ſia preſa: e poi venduta ſchiaua:
     Prima che qſto, il Lupo, il Leon, l’Orfo
     Vèga e la Tigre: e ogn’ altra ſera braua:
     Di cui l’ugna mi ſtracci, e ſraga il morſo
     E morta mi ſtrafeini alla ſua caua,
     Coſi dicendo le mani ſi caccia,
     Ne capei d’oro, e a chiocca a chiocca ſtraccia

 [34]
Corre di nuouo in ſu l’eſtrema ſabbia
     E ruota il capo, e ſparge all’aria il crine:
     E ſembra ſorienata: e ch’adoffo habbia
     Non vn Demonio ſol: ma le decine,
     O qual Hecuba ſia conuerſa in rabbia,
     Viſtofi morto Polydoro al ſine,
     Hor ſi ferma s’ un ſaſſo e guarda il mare,
     Ne men d’un vero ſaſſo vn ſaſſo pare.

 [35]
Ma laſcianla doler ſin ch’io ritorno
     Per voler di Ruggier dirui pur ancho,
     Ch nel piú itèſo ardor del mezo giorno,
     Caualca il lito affaticato e ſianco,
     Percuote il Sol nel colle, e fa ritorno:
     Pi ſotto bolle il ſabbion trito e bianco,
     Mancaua all’arme e’ hauea indoſſo poco
     Ad eſſer come giá tutte di fuoco.